Bart non ha un’infanzia facile: il padre, Arthur, è un ex campione di football liceale che sfoga con violenza la delusione per i propri sogni infranti sui propri cari; la madre lo abbandona quando è ancora alle elementari. Crescendo, Bart si aggrappa a chi gli vuol bene, come la fidanzatina di sempre, Shannon, e a una fede sincera in cui si rifugia nei momenti di maggiore scontro col padre. Nel frattempo, nasce in lui un amore per la musica che diventa sempre più incidente sulla sua vita. Infatti, dopo aver scoperto la passione per il canto grazie al coro della scuola, Bart crea un gruppo che suona Christian Rock e proprio con la band dei MercyMe inizia a girare il paese per cercare di sfondare nel panorama musicale. Quando convince un famoso manager e talent scout a dare al gruppo una possibilità, la realizzazione del sogno sembra vicina, ma la strada per il successo è ricca di ostacoli e, per diventare un vero artista, Bart dovrà affrontare il proprio doloroso passato…
Con Una canzone per mio padre la Mission Pictures International porta sullo schermo la storia vera di Bart Millard, frontman della band dei MercyMe che ha raggiunto il successo nel 2003 grazie a un brano composto in ricordo di suo padre.
I film che nascono con una chiara impronta religiosa, soprattutto nell’industria cinematografica americana, si portano spesso dietro lo stigma di un approccio retorico e/o didascalico alle storie che raccontano. Una canzone per mio padre, però, elude – in gran parte, almeno – questo rischio mostrando con sincerità il percorso vissuto dal protagonista. Se nella parte sulla sua infanzia lo spettatore è istintivamente portato a provare compassione per un bambino lasciato quasi completamente solo alle prese con un padre violento, una volta cresciuto la sceneggiatura non si limita a dipingere Bart come una vittima. È un adulto che ha sofferto, ma non è privo di difetti. Lo sviluppo del suo personaggio non soprassiede su quelle che sono le sue cadute e le sue mancanze: lo si vede fuggire di fronte ai nodi non risolti della propria vita, abbandonare chi cerca invano di invitarlo ad aprirsi e rifiutare ostinatamente l’ipotesi del perdono. In questo modo, lo spettatore non ha l’impressione di trovarsi di fronte all’immagine di un “santino”, ma a un uomo vero che sperimenta – come ognuno di noi – tutta la fatica del cammino che gli viene chiesto di percorrere.
Il tema del perdono, poi, è centrale nell’intera vicenda che coinvolge Bart e rappresenta il focus su cui, gradualmente, si sposta il rapporto con suo padre. Se il loro conflitto è presentato in maniera efficace, quello che si perde un po’ per strada è invece la caratterizzazione del genitore – interpretato da Dennis Quaid – di cui viene offerto un ritratto che non riesce ad andare fino in fondo al dramma che un uomo trasformatosi in padre e marito violento si porta dietro.
Ad ogni modo, Una canzone per mio padre resta un film con diversi spunti interessanti e che mostra come, anche nelle circostanze più dolorose, si possa continuare a vivere con lo sguardo rivolto verso l’Alto.
Scegliere un film 2020
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