Siamo vicino a Bolzano e Cristina (Paola Cortellesi) è una moglie perfettina, dall’accento spiccatamente nordico, che spinge tutti i componenti della sua famiglia a essere i primi, a vincere, a “riuscire”. Afferma che vuole preparare loro un futuro. Sta spingendo il marito Michele (Luca Argentero) a ottenere la promozione a direttore marketing dell’azienda edile in cui lavora, il figlio adolescente Vittorio e la piccola Fortuna (sic!) a primeggiare. Finché non scopre che il fratello Ciro, che non vede e non sente da quindici anni, ha eletto casa sua come luogo per scontare gli arresti domiciliari in attesa di un processo: è sospettato di essere un capo camorrista… Scopriamo così, fra l’altro, che anche lei è napoletana e il suo vero nome era Carmela. Ma la presenza del fratello boss non deve intralciare il tentativo di Cristina/Carmela di fare amicizia con la famiglia Mainetti, i proprietari dell’azienda edile, il cui figlio è anche compagno di classe di Vittorio… Naturalmente, niente andrà per il verso giusto, fino alle estreme conseguenze finali, che riserveranno più di una sorpresa.
Guardata con sospetto e degnazione dalla critica, ma premiata largamente dal pubblico (più di 5 milioni di incasso nei primi cinque giorni di programmazione), Un boss in salotto è una simpatica commedia che fa leva su due bravi attori italiani, Paola Cortellesi e Rocco Papaleo, attorniati da un efficace cast di supporto (oltre a un buon Luca Argentero, marito e padre debole e un po’ imbranato, come sempre è molto brava Angela Finocchiaro). A Miniero, che afferma di aver tirato fuori dal cassetto un soggetto scritto prima di girare Benvenuti al Sud e il sequel Benvenuti al Nord, si rimprovera di ricorrere per la terza volta al confronto Nord-Sud con contrapposizioni ormai stereotipiche…
Ma in realtà il film non si ferma lì e affronta – anche se in modo non particolarmente approfondito – una serie di altre questioni: la “faccia pulita” del Nord è davvero rispetto della legge o è solo un perbenismo di convenienza che all’occorrenza non esita a ricorrere a capitali sporchi? Fin dove è vigente davvero la giustizia e fin dove la legge del più forte?
Il personaggio di Cristina è quello che compie l’arco di trasformazione più significativo: inizia fingendo di essere un’altra e alla fine accetta il fratello e le proprie radici, tornando a chiedere che lui la chiami Carmela. Nel contempo, si accorge che non ha senso spingere tutti a cercare ossessivamente dei risultati che appaiono giustificati (per i figli) dalla parola magica “il vostro futuro”. E nel finale viene riaffermato il valore della famiglia, anche di quella “imperfetta” come quella di Michele e Cristina, fratello boss compreso.
Girato con qualche piccolo tocco creativo da Miniero e con una confezione ben curata, come tutti i film di Cattleya, il film ha una sua simpatica piacevolezza, nonostante alcuni perdonabili difetti (qualche disparità di tono, qualche lieve incongruenza nella trama). Insomma, non sarà un capolavoro, ma è una commedia gradevole che, sebbene sia in parte prevedibile in alcune gag (ma ha anche alcune sorprese interessanti nella linea narrativa), si lascia gustare da chi ha voglia di un po’ di semplice divertimento e di una buona prova d’attori. Quel tipo di film che dovrebbero essere l’ossatura di un’industria che funziona.
Scegliere un film 2014
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