Tailandia, 2018. Dodici ragazzini e il loro allenatore di calcio rimangono intrappolati, a causa di un imprevisto e violento monsone, all’interno della grotta Tham Luang Nang Non. Una volta avvertite le autorità, si mette in moto l’imponente macchina dei soccorsi ma, nonostante il coinvolgimento dei Navy Seals tailandesi, le condizioni interne alla grotta sono talmente proibitive da impedire il ritrovamento della squadra di calcio. Mentre un intrepido ingegnere coinvolge la gente del posto nel tentativo di deviare l’acqua che si sta riversando nella grotta dalla sommità del monte che la sovrasta, il governatore della provincia si decide a chiamare due esperti speleo-subacquei britannici, Richard Stanton e John Volanthen. Stanton viene trascinato da Volanthen nell’impresa senza grande entusiasmo: sono trascorsi già dieci giorni dalla scomparsa dei ragazzi nella grotta e le possibilità di ritrovarli vivi appaiono ridotte al minimo…
Che il regista premio Oscar Ron Howard sia ormai uno dei professionisti più consolidati e stimati di Hollywood è un dato di fatto. E il suo trovarsi perfettamente a proprio agio nel raccontare storie con forti elementi epici è testimoniato dalla sua lunga filmografia (basterebbe guardare a titoli come Apollo 13, Rush o A Beautiful Mind). In Tredici vite, dunque, Howard trova pane per i suoi denti con l’incredibile storia del salvataggio della squadra di giovani calciatori tailandesi. Una storia intrinsecamente complicata da portare sul grande schermo, per via dell’ambientazione in un intricato labirinto di grotte, per il gran numero di scene subacquee e non solo. La costruzione della sceneggiatura fortemente lineare scandisce giorno per giorno i tentativi delle operazioni di soccorso, e il coinvolgimento di due pezzi da novanta come i sempre ottimi Viggo Mortensen e Colin Farrell garantisce la qualità della recitazione.
Il film è teso ed emozionante e sicuramente può piacere – probabilmente anche perché si tratta di una storia vera ed “eroica”-, ma è anche un po’ un’occasione persa in quanto all’approfondimento dei personaggi… Si sente la mancanza di una maggiore caratterizzazione tanto dei protagonisti quanto dei comprimari, che vengono qui definiti da alcune brevi pennellate ma senza mai andare in profondità. Del rapporto di amicizia e stima che intercorre tra Stanton e Volanthen – per esempio – sappiamo pochissimo: non veniamo aiutati a empatizzare a fondo con la fatica che stanno vivendo, con i dubbi e i conflitti che devono affrontare nel cercare di salvare i ragazzini intrappolati. E lo stesso mancato approfondimento psicologico si nota anche nei personaggi tailandesi implicati nella storia, come il governatore della provincia, l’ingegnere, il capitano dei Navy Seals locali… Il risultato è che si segue la trama, ma non si viene coinvolti in profondità nelle vite di queste persone.
Va evidenziato, inoltre, come il film inizi con quindici minuti di dialoghi interamente in tailandese sottotitolato: una scelta purista di cui si possono comprendere le ragioni, ma che non aiuta a entrare da subito nelle vicende.
Tredici vite, insomma rientra nella categoria di quei film da cui – considerando il livello dei professionisti coinvolti – ci si sarebbe aspettati di più. Rimane però una bella testimonianza e un bell’omaggio ai tanti – migliaia di persone – che in un modo o nell’altro hanno contribuito a salvare tredici vite in grave pericolo.
La Redazione
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