Dopo che l’amato Andy è andato al college, Woody e i suoi amici hanno vissuto una seconda giovinezza affidati alla piccola Bonnie. Anche lei però sta crescendo, ma Woody, anche se finisce sempre più spesso nell’armadio, non rinuncia alle responsabilità nei suoi confronti e la segue anche al primo giorno di asilo. Sarà l’arrivo di un nuovo giocattolo, Forky, che Bonnie si costruisce, a lanciare Woody e gli altri in una nuova avventura e a fargli rincontrare una vecchia amica…
Cosa fa di un giocattolo un giocattolo? L’amore unico e irripetibile che il “suo” bambino prova per lui? O la sua “vocazione” di renderlo felice e aiutarlo a crescere? E cosa succede di un giocattolo quando un bambino cresce e la missione giunge inevitabilmente a una fine?
La nuova avventura di Woody e degli altri giocattoli ci conduce ancora una volta ad esplorare queste domande e la risposta sarà diversa per ciascuno di loro.
Da più di una generazione, ormai, la saga di Toy Story, partendo da un presupposto piccolo e geniale (la vita dei giocattoli in assenza dei loro proprietari), ha condotto gli spettatori attraverso un lungo viaggio che è anche una riflessione sull’amore e la lealtà, sulla vocazione, sul crescere e invecchiare.
Il terzo capitolo della serie sembrava avere in un certo senso chiuso un cerchio con la partenza di Andy, ormai cresciuto, per il college e il passaggio di testimone a una nuova bambina.
Questo quarto episodio della serie, invece, riesce nel difficile compito di riprendere i fili di questa riflessione aggiungendo spunti nuovi e interessanti e recuperando alcuni vecchi amici, prima tra tutti Bo Peep, la pastorella della lampada per cui Woody aveva un debole e che era sparita tanto tempo prima.
Diversamente da Woody, che si aggrappa alla sua responsabilità nei confronti del suo bambino, Bo ha saputo accettare l’inevitabile, cioè che il bisogno di un bambino nei confronti dei suoi giocattoli non sia eterno e, a sorpresa, pur essendo un “giocattolo perduto”, si è rifatta una vita quasi da avventuriera, sfuggendo a un negozio di antiquariato e progettando di scoprire il mondo aggregandosi a un luna park viaggiante.
Woody, con la sua testarda lealtà al “suo” bambino, e Bo, con la sua voglia di avventura, sembrano agli antipodi, ma sapranno allearsi per mettere in salvo Forky (metà forchetta e metà cucchiaio), il giocattolo che non si sente un giocattolo e anzi cerca continuamente di tornare al cesto della spazzatura da cui proviene. Solo condividendo la sua esperienza e ammettendo di essere forse un po’ spazzatura anche lui, Woody riuscirà a persuaderlo della sua missione. Meno presente che negli scorsi episodi, Buzz Lightyear offre, insieme a un paio di spassose new entries, il necessario alleggerimento comico alle situazioni.
Il grande avversario di questo episodio è Gabby Gabby, la bambola mai usata perché difettosa, che sogna di diventare la preferita di un bambino ed è disposta a tutto per mettersi nella condizione di esserlo, anche a rubare a Woody il suo riproduttore vocale.
È attraverso Gabby, per molti versi più complessa del terribile Lotso del terzo capitolo, che Toy Story 4 riesce a dire qualcosa di straordinariamente importante e molto attuale: “avere” un bambino significa innanzitutto venire incontro a un bisogno prima ancora che rispondere al proprio di essere amati. È l’inizio di un’avventura spaventosa e bellissima in cui bisogna accettare il rischio dell’abbandono, ma che vale la pena di essere vissuta.
Più ancora che negli altri capitoli, Toy Story 4 parla agli adulti prima che ai bambini, esplorando le contraddizioni del desiderio di essere genitori e le difficoltà del mestiere più bello del mondo, insieme alla gratuità che richiede e alla gioia che può dare abbracciarlo fino in fondo.
Scegliere un film 2019
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