Dopo vent’anni Mark Renton torna a Edimburgo a regolare i conti con il suo passato. Spud è sull’orlo del suicidio, Sick Boy cerca di cavarsela tra tentativi di estorsioni, la solita droga e una giovane amante, mentre Begbie è uscito di galera e non vede l’ora di farla pagare a chi ce lo ha fatto finire. Tra nostalgie e bilanci tutti quanti dovranno fare i conti con i loro sogni perduti, i rimpianti e i tentativi di cambiare.
Venti anni fa il primo Trainspotting fu un successo mondiale, provocatorio e generazionale, proprio nella sua carica dissacrante e nel nichilismo di fondo che faceva crollare ogni ottimistica idea della Gran Bretagna di allora, nello stesso tempo lanciando il suo quartetto di attori protagonisti sulla scena mondiale.
Boyle, adesso, sceglie di non negare il tempo passato e gioca apertamente la carta della nostalgia, inserendo a man bassa citazioni e addirittura spezzoni del primo film nel corso della storia. Lo fa con la maestria stilistica che lo contraddistingue, mescolando momenti di accesa esaltazione e di violenza improvvisa e grottesca con altri di elegiaca poesia, riuscendo nel miracolo di non produrre un risultato schizofrenico.
Il tempo passa, quindi, e le cose cambiano, sì, ma forse – per fortuna o per sfortuna – non cambiano le persone, soprattutto quelle che sono convinte di essere diverse.
Se ne accorge Renton, che tornato dagli amici da cui era fuggito con il malloppo, si presenta come l’unico con una vita sistemata e rivela pian piano tutta la sua fragilità. Lo sa bene Spud che, infatti, ha deciso di smettere di lottare e si suiciderebbe se il vecchio amico non venisse a rompergli le uova nel paniere.
Se ne accorgerà troppo tardi, invece, Begbie, che fuggito di prigione prova a ripartire con una vita di furti e malvivenza coinvolgendo anche il figlio adolescente che invece preferirebbe studiare.
Sick Boy tira a campare, ma il ritorno dell’amico fraterno risveglia un sentimento che è un misto di amore e odio, nostalgia dei vecchi tempi e desiderio di vendetta. In questo strano rapporto si inserisce Veronika, giovane prostituta est-europea, l’unica forse ancora capace di guardare avanti senza patemi e senza scrupoli, mentre questi quarantenni scozzesi sono occupati a raccogliere i cocci della loro vita.
“Prima c’è un’occasione e poi c’è un tradimento”. Questa massima fa da sfondo a una trama non sempre originalissima e qualche volta un po’ strampalata, cui si può certo imputare un po’ di furba tendenza derivativa. Qua e là le situazioni e i personaggi saltano fuori un po’ per amore di completezza (l’avvocatessa di Kelly MacDonald che entra in scena per cinque non proprio memorabili minuti), altre volte le provocazioni, stagionate, sembrano un po’ fini a se stesse, ma nel complesso Boyle riesce nell’operazione di aggiornamento, regalando una riflessione sui bilanci della vita e sul cambiamento. E attraverso il personaggio di Spud, la sua stralunata semplicità, la sua ingenuità capace di bucare la disperazione, anche immaginare una possibile speranza.
Laura Cotta Ramosino
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