La vita di Robin di Loxley, giovane lord inglese innamorato della bella Marian, viene sconvolta dalla chiamata alla leva per le crociate. In Oriente ormai da quattro anni, Robin si oppone all’esecuzione del figlio di un prigioniero arabo, ma il ragazzo viene giustiziato ugualmente e Robin viene congedato dall’esercito. Tornato in patria, le brutte sorprese non si fanno attendere: lo sceriffo di Nottingham ha confiscato il suo castello riducendolo in rovina e Marian, credendolo morto, ha trovato un nuovo compagno. Proprio quando Robin sembra aver perso tutto trova un inaspettato aiuto in John, il prigioniero cui aveva tentato di salvare il figlio. Insieme, i due tenteranno di fermare una guerra che ormai è solo un continuo massacro di innocenti, colpendo al cuore i suoi mandanti…
Seguendo una tendenza già inaugurata con l’ultimo King Arthur – Il potere della spada (2017), la storia di Robin Hood viene qui rivisitata in chiave pop moderna. La commistione tra gusto contemporaneo e ambientazione medievale non è nuova nell’industria cinematografica: al fascino del passato vengono abbinate scelte stilistiche precise (riguardo costumi, musiche e non solo) che lo spettatore riconosce immediatamente come appartenenti al tempo presente.
Questo tipo di operazione, pur non essendo particolarmente originale, regala al film alcune scene interessanti anche solamente dal punto di vista visivo. Gli attacchi dei crociati nelle aree desertiche del Medio Oriente e alcune scene di rivolta dei minatori richiamano efficacemente da una parte le operazioni militari delle truppe moderne, e dall’altra gli scontri di cortei e manifestazioni antigovernative che vediamo ogni giorno nei telegiornali.
Ritmo e scene d’azione ben costruite non riescono, tuttavia, a salvare questo Robin Hood dalla categoria dei film “dimenticabili”. Della storia del ladro che rubava ai ricchi per dare ai poveri sappiamo ormai tutto grazie alle numerose versioni cinematografiche che l’hanno raccontata. Il difetto maggiore rimane l’assenza di un approccio nuovo e originale alla storia. Il tentativo di reimmaginare la relazione tra Robin e John, trasformando quest’ultimo in un mentore per l’“eroe in divenire”, di fatto finisce per snaturare l’amicizia fraterna che è sempre stata uno dei cardini della leggenda, rendendo Taron Egerton più simile al giovane Antonio Banderas de La maschera di ferro, che al Kevin Costner “principe dei ladri”. Lo stesso discorso vale per Marian, a cui gli sceneggiatori tentano di dare una veste da eroina che si batte per i più deboli senza, però, riuscire a farne qualcosa di più che un personaggio di contorno. Ad una rappresentazione del clero corrotto e cattivo che abbiamo già visto più volte sul grande schermo si aggiunge poi, nello specifico, una serie di antagonisti stereotipati che non sembrano mai essere in grado di danneggiare realmente il protagonista.
In sostanza, l’ultimo Robin Hood non riesce a crearsi un’identità che lo differenzi dai suoi predecessori e finisce per essere solamente l’ennesima rappresentazione di una storia già sentita.
Scegliere un film 2019
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