Maria e Lucia sono amiche per la pelle. La prima è una donna ingenua, istintiva e passionale, ha due bambini e va a letto con ogni uomo che seduce. La seconda è cerebrale, moralista e anaffettiva, fa la cantante jazz ed è sempre in giro con la sua band. Tutt’e due sono divorziate e, di fatto, sono donne sole.
Un giorno le loro vite vengono stravolte dall’incontro con Luca, un ventenne cresciuto senza padre che di nascosto inizia ad uscire con entrambe. In questo gioco di equivoci, Lucia riscopre il suo lato passionale mentre Maria impara che con gli uomini si può anche solo parlare. Finché dura…
“In mancanza di uomini validi vi attaccate ai ragazzi”. È questa la battuta, messa in bocca al ventenne protagonista, che riassume il senso del film. Un punto di vista pruriginoso e decisamente femminile (tra regista, sceneggiatrici e cast, la quota rosa è alle stelle) sulla vita e sulle relazioni, che cavalca il luogo comune del toy boy che tanto va di moda. Anche se, a dir la verità, in questo film è proprio Luca, il ragazzino (come lo chiamano più volte le due protagoniste), a esprimere i concetti più maturi e perché no, anche profondi. Alla fine, infatti, saranno Maria e Lucia, anche loro un po’ stereotipate nelle loro insicurezze di quarantenni, ad avere qualcosa da imparare.
Per quanto riguarda la trama, diversi snodi narrativi risultano un po’ pretestuosi, a cominciare dall’equivoco (ovvero il doppio gioco di Luca) su cui si regge buona parte del racconto. Questa scarsa verosimiglianza rende estremamente difficile appassionarsi alle vicende dei protagonisti.
A rendere ancora più netto questo distacco dello spettatore, è la sensazione persistente di avere a che fare con un film “a tesi” che si concentra molto sul messaggio che vuole lanciare, lasciando poco spazio all’emozione. Non ci sono scene toccanti, infatti, a parte quella in cui Lucia accenna al suo passato e alla storia di quel figlio che non c’è più, che però è avulsa dal tono del racconto e sembra finita dentro quasi per sbaglio.
Le occasioni per valorizzare anche quest’aspetto, in realtà, non sarebbero mancate. Per esempio il personaggio di Matilde, l’ex fidanzata di Luca (nonché unica sua coetanea in scena), poteva essere sfruttato per creare empatia con il protagonista e rendere più difficile la scelta finale. Quest’ultima, invece, risulta scontata oltre che surreale, di fatto rompendo definitivamente il già debole patto di credibilità con lo spettatore. D’altra parte è anche vero che proprio a Matilde tocca il momento più autentico della storia: è la sua risata dissacrante di fronte all’ipotesi che Luca possa avere una relazione con due donne “adulte” come Maria e Lucia. Il film sottolinea volutamente l’assurdità della situazione proprio tramite la reazione della ragazza, e la sua incredulità, come per osmosi, porta in scena anche quella dello spettatore.
Nonostante la scarsa plausibilità della sceneggiatura, la pellicola ha comunque il pregio di non mancare le occasioni per strappare un sorriso e, perché no, anche una risata, soprattutto grazie alla bravura delle attrici, sempre perfette nella scelta dei tempi comici.
Il film, in conclusione, presenta in modo leggero e se vogliamo ‘accattivante’ un punto di vista sulla realtà quanto meno discutibile, dove si cerca di normalizzare e forse anche giustificare un tipo di relazione (cioè tra persone di età molto diverse) che, a parere di chi il film lo ha scritto, andrebbe vissuta senza sensi di colpa e senza prendersi troppo sul serio.
Gabriele Cheli
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