Paddington è un giovane orso dal cuore d’oro, che ha attraversato l’Atlantico a bordo di una scialuppa e ora vive a Londra con la sua famiglia adottiva. Ma non si è dimenticato di zia Lucy, l’orsa che lo ha cresciuto nel “Misterioso Perù”, e per il suo centesimo compleanno vorrebbe regalarle un libro pop-up. L’impresa si rivelerà più ardua del previsto…
Londra, 1956. Uno scrittore vede un orso di pezza abbandonato tra gli scaffali, in un negozio vicino alla stazione. Ha l’aria smarrita, come i bambini ebrei che ai tempi del nazismo migravano in Gran Bretagna per salvarsi dalla guerra. Spinto dai ricordi, l’uomo si ritrova a fantasticare su un orso che viene da lontano, dandogli il nome del posto in cui lo ha trovato. E fu così che Michael Bond inventò Paddington, uno dei personaggi più amati della letteratura inglese per l’infanzia. Dopo aver ispirato decine di romanzi, l’orsacchiotto dal montgomery blu arriva al cinema nel 2014, con un film di grande successo, che mescola computer grafica e riprese dal vivo. Realizzato dallo stesso studio indipendente e con il grosso dello staff rimasto invariato, Paddington 2 non è l’adattamento diretto di un libro di Bond, ma resta fedele allo spirito della saga, rispecchiandone i temi di fondo e la deliziosa aura vintage.
La trama si articola su due piani: la storia di un ‘angelo viaggiatore’, capace di cambiare il mondo con la sola forza della sua gentilezza, e il racconto d’avventura, fatto di cacce al tesoro e fughe rocambolesche, in un crescendo di rivelazioni che ingrana subito e avanza a passo spedito verso il finale, strizzando l’occhio alla narrativa popolare di metà Ottocento e all’epoca d’oro di Hollywood. Questa dinamica è evidente quando Paddington finisce in prigione per un furto che non ha commesso: quello del libro pop-up di Madame Kozolska, in realtà una mappa per accedere alle sue ricchezze, ora nelle grinfie di un fantomatico ladro. Nel tentativo di riabilitarsi agli occhi dei suoi cari, Paddington riuscirà a tornare a casa, trascinando con sé una schiera di improbabili aiutanti: i suoi compagni di cella. Contagiati dalla dolcezza dell’orso—e dei suoi panini alla marmellata d’arance— , il collerico cuoco ‘Nocche’ e gli altri detenuti non si limitano ad architettare spericolati piani di evasione, ma diventano persone migliori, in grado di sacrificare i propri interessi quando c’è in gioco la felicità del loro amico.
C’è molta ironia in Paddington 2, e un cast di personaggi che funziona, sorretto da attori divertenti (e divertiti), dialoghi brillanti e un certo gusto per la caratterizzazione macchiettistica, senza mezzi toni, come esige la vivacità un po’ caricaturale del feuilleton. Non stupisce quindi che a contrastare questo moderno orfanello di peluche, buono fino al midollo e altrettanto incline a combinare guai, sia un cattivo dickensiano come Phoenix Buchanan, camaleontica star in declino disposta a tutto pur di tornare alla ribalta: una spassosa parodia del ‘divo’ interpretata da Hugh Grant. Ma il piatto forte della pellicola è il suo stile leggero e sognante, abilissimo nell’intrecciare slapstick, azione e commedia con la poesia del linguaggio per immagini, che incanta lo spettatore e lo trasporta in una Londra meravigliosa, tra navi di carta e fiere del vapore, mongolfiere di patchwork e dolci color pastello.
In questo suo amore per la visibilità Paddington 2 è davvero pura animazione, e non un semplice sequel ma un’opera di oggi, con un messaggio molto più attuale di quanto non appaia a prima vista, sull’accoglienza e le buone maniere come stile di vita. Il tutto sotto forma di fiaba retrò, che intrattiene dalle prime scene ai (gustosissimi) titoli di coda, e piacerà a tutta la famiglia. Forse anche più della marmellata di arance.
Maria Chiara Oltolini
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