Moreno, Sebastiano e Giuseppe sono amici fin da bambini, ma la loro condizione da adulti non è delle più rosee: Moreno non ha mai trovato l’idea vincente per fare soldi e non può neanche pagare gli alimenti alla ex moglie; Sebastiano vive un matrimonio infelice; Giuseppe è un commercialista, sfruttato dal suocero. Alla ricerca di una svolta, mettono su un tour della Roma criminale, attraverso i luoghi della Banda della Magliana. Ma un altro “amico” d’infanzia, Gianfranco, l’unico che ha ottenuto qualche successo, mostra loro quanto siano perdenti. Il destino però riserva una sorpresa: un varco temporale porta i tre amici nell’Italia dell’82, ai tempi dei mondiali di Spagna e della Banda della Magliana. L’incontro con Renatino, temibile boss della banda, sarà per i nostri origine di guai e situazioni rocambolesche, ma anche di nuove consapevolezze.
Di viaggi nel tempo è piena la storia del cinema e Non ci resta che il crimine omaggia fin dal titolo quello più famoso di Troisi e Benigni in Non ci resta che piangere. In questa versione di viaggio nel tempo, i protagonisti vivono un momento della storia per un verso felice (l’Italia dei Mondiali dell’82) e per l’altro meno (la Roma della Banda della Magliana).
Le gesta di questi criminali sono ben note ai nostri, che hanno inventato un percorso turistico, non troppo di successo, attraverso i luoghi della banda. Quando però si trovano davanti i criminali in carne e ossa ed in particolare il boss, detto “Renatino”, si innescano una serie di situazioni paradossali.
Moreno, Sebastiano e Giuseppe cercano di sfruttare la loro esperienza, tratta dal presente, per cavarsela e spuntarla in un passato di cui conoscono gran parte degli esiti. Esilarante è, ad esempio, il fatto che Giuseppe si ricordi i risultati di tutte le partite dei Mondiali, cosa che gli permette di vincere alcune scommesse ma anche di attirare l’interesse famelico dei criminali. I tre finiscono dunque nella rete di Renatino e dei suoi e compiranno persino una rapina, travestiti dai Kiss, in una sequenza davvero memorabile e divertente.
Il confronto tra passato e presente è quello che più serve la comicità (dagli errori dei protagonisti, che citano canzoni o usano oggetti in modo anacronistico, suscitando la perplessità di chi li sta intorno, all’interferenza con gli eventi del passato, che, come è proprio del meccanismo, rischiano di essere modificati irreversibilmente) pur rimanendo nella leggerezza propria del genere.
Ma la commedia funziona bene soprattutto per la bravura degli interpreti, tra cui spicca Tognazzi, credibile in tutte le versioni del suo personaggio. Il viaggio nel tempo serve poi in fondo a ognuno dei tre per affrontare i problemi che si portano dietro dal presente. E questo è forse l’aspetto più debole del film. Il cambiamento dei personaggi appare un po’ meccanico e quasi dettato dal meccanismo del viaggio del tempo, senza una giusta fluidità, tranne forse per il personaggio di Giuseppe. Il rapporto d’amicizia e inimicizia con l’altro amico d’infanzia Gianfranco, che i nostri incontrano nell’82 da bambino e che è motivo di alcune svolte, ha sviluppi un po’ troppo forzati, che si inseriscono con fatica nel racconto. E occorre anche un po’ di pazienza per entrare nel vivo del film, per una presentazione iniziale che risulta lenta, complice forse la necessità di seminare elementi che servi- ranno successivamente.
In ogni caso, il risultato è una commedia molto godibile e divertente, con un corredo di scene d’azione credibili e la sorpresa finale di un’apertura ad un nuovo episodio.
Scegliere un film 2019
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