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Napoli – New York


TITOLO ORIGINALE: Napoli - New York
REGISTA: Gabriele Salvatores
SCENEGGIATORE: Gabriele Salvatores
PAESE: Italia
ANNO: 2024
DURATA: 124'
ATTORI: Tomas Arana, Dea Lanzaro, Pierfrancesco Favino e Omar Benson Miller
SCENE SENSIBILI: qualche scena di tensione
1 vote, average: 4,00 out of 51 vote, average: 4,00 out of 51 vote, average: 4,00 out of 51 vote, average: 4,00 out of 51 vote, average: 4,00 out of 5

Napoli, 1949. Celestina è già orfana di entrambi i genitori quando crolla il palazzo in cui viveva con la zia, che muore per le conseguenze del catastrofico evento. Rimasta completamente sola, la bambina va a vivere per strada insieme al suo unico amico, Carmine, un ragazzino che tira a campare grazie a piccoli espedienti quotidiani, al limite della legalità. Una notte, seguendolo, Celestina si ritrova clandestinamente a bordo di una nave in partenza per New York. Proprio là, dall’altra parte del mondo, vive la sua unica sorella, Agnese, che si è sposata anni prima con un americano. I due bambini allora rimangono sul traghetto per intraprendere la lunga traversata oceanica: forse quel viaggio è l’occasione per riabbracciare la sorella e iniziare tutti insieme una nuova vita, migliore…

Ritrovamenti (quasi) incredibili

Sembrava l’inizio di un film o una trovata promozionale e invece è tutto vero: pare che il soggetto da cui è tratto Napoli-New York sia stato veramente ritrovato all’interno di un vecchio baule il cui contenuto stava per essere distrutto. Non ci sono più i due autori (Fellini e Pinelli) per poter confermare l’autenticità del manoscritto ma non è difficile riconoscere tematiche e stilemi narrativi caratteristici di un cinema d’altri tempi.
L’impronta neorealista infatti è evidente e caratterizza gli aspetti più salienti della trama: il contesto storico del dopoguerra con la ricostruzione di un paese in atto, e poi i protagonisti bambini, la povertà come ferita personale e collettiva, il desiderio di un riscatto sociale che sembra non poter arrivare mai a muovere situazioni e personaggi.
Nonostante l’anacronismo dell’idea di partenza, per ovvi motivi un po’ lontana da noi e dall’immaginario della società contemporanea, Salvatores è riuscito comunque ad adattare la storia ad un linguaggio e ad un tono più moderni, trasformandola in una sorta di favola sul sogno americano, che nonostante l’amarezza delle vicende narrate ed alcuni picchi di notevole drammaticità, viene raccontata con sorprendente leggerezza e una certa godibilità.

C’era una volta a Napoli…

Data la provenienza retrodatata del soggetto, il film comunque sorprende per l’attualità di argomenti e tematiche di cui è infarcito, molti dei quali di rilevanza sociale: dall’immigrazione al razzismo, dalla violenza di genere all’adozione famigliare, dall’importanza dei media alla pena di morte (tra le altre cose, pare che la vicenda della sorella di Celestina sia ispirata alla storia vera della prima donna condannata alla sedia elettrica negli Stati Uniti, anch’essa italiana).
A questa ricchezza di contenuti consegue d’altro canto una certa aleatorietà di un centro tematico forte e chiaro e questo aspetto è, a parere di chi scrive, la più grande debolezza del film, probabilmente conseguenza inevitabile del peccato originale di raccontare una storia pensata, in prima istanza, da qualcun altro, con una propria ispirazione e forse diverse intenzioni narrative.

Il cuore dei bambini

Concludendo, c’è da dire che per le ragioni fin qui citate il film potrebbe sembrare in alcuni passaggi il pretesto per un omaggio, fuori tempo massimo e forse un po’ autocompiaciuto, al cinema nostrano – è infatti una fucina di riferimenti e citazioni cinematografiche, con cui anche il regista sembra aver giocato, a cominciare da certi scorci di New York che tanto ricordano C’era una volta in America, e poi anche dalla scelta del cast (impressionante la somiglianza di Carmine con il giovane Noodles…) – ma nel complesso il film ha ampiamente una sua dignità grazie al cuore originario che è stato preservato, ovvero il rapporto tra i due bambini al centro della vicenda. Persino la regia infatti, come sublimata e sorprendentemente asciutta – soprattutto rispetto alle aspettative che per la trama e l’ambientazione storica potevano far pensare ad un “kolossal”, produttivamente e registicamente parlando – pare inchinarsi a questa amicizia per lasciare più spazio alla storia (piuttosto densa, nonostante la durata non brevissima) e di conseguenza all’umanità e all’espressività dei giovani protagonisti: quasi ogni briciola di tensione od orpello estetico, è infatti spazzata via per valorizzare il portato emotivo dei giovani attori (molto bravi).

Gabriele Cheli

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