L’ascesa, la gloria e la caduta di Napoleone Bonaparte: dalla Rivoluzione Francese e l’epoca del terrore di Robespierre, fino alla morte in esilio sull’isola di Sant’Elena, dettata dalla nostalgia delle imprese passate e dell’amore per Giuseppina.
Ridley Scott è certamente uno dei registi più competenti in circolazione quando si tratta di mettere in scena un film storico. È pertanto probabile che gli amanti del genere sapranno apprezzare i primi minuti del film, caratterizzati da quello stile realistico, un po’ grezzo, e “plastico” che contraddistingue il regista britannico. Non ci vuole molto però per rendersi conto che in questo Napoleon lo sceneggiatore David Scarpa non mette bene a fuoco cosa voglia raccontare.
Narrare in un unico film tutta la vita di un personaggio storico non è un’impresa facile. Non a caso alcune opere eminenti hanno optato per raccontare un singolo episodio o evento significativo attraverso il quale mettere in luce il personaggio; pensiamo a film come Lincoln che ci lancia nell’ultimo anno della Guerra di Secessione, oppure a L’ora più buia che si interessa esclusivamente alla battaglia di Winston Churchill contro il nazismo. Napoleon tenta nell’impresa di mettere in scena, se non la vita, almeno la carriera di Bonaparte. Quello che manca di fare, però, è scegliere un chiaro punto di vista tematico.
Nei titoli di coda viene riportato il vertiginoso numero di morti francesi per le imprese di Napoleone, quasi a dire del contrasto tra la sua ambizione e il prezzo pagato dal popolo. Ma non è di questo che parla il film nelle sue abbondanti due ore e mezza. Si concentra invece sul caratterizzare l’indole straniante e straniata di Bonaparte, e spende molto tempo nel dipingere il rapporto complesso, morboso, e affascinante con la moglie (e poi ex) Giuseppina. Proprio a lei viene dedicato l’ultimo commento che precede i credits conclusivi. Eppure nemmeno questa relazione sembra giustificare il film e offrire una chiara chiave di lettura sugli avvenimenti narrati.
La cosa forse più grave è l’inaccuratezza storica. Sarebbe almeno comprensibile se questa pittura un po’ insipida fosse l’esito di un fedele cronachismo. Eppure è noto che si sono già sollevate numerose lamentele dagli storici, e che Ridley Scott abbia ribattuto con leggerezza ai loro reclami. Il quadro storico generale rimane intatto, e ovviamente molti eventi sono raccontati con estrema fedeltà. Ma a volte ne viene alterato il senso. Accade quando vediamo Napoleone che guida la cavalleria nelle sue battaglie, oppure quando prende a cannonate le piramidi, o ancora quando schiaffeggia pubblicamente Giuseppina durante il loro divorzio. Mai accaduto. Ma la licenza più eclatante è la messa in scena della vittoriosa battaglia di Austerlitz, dove lo sceneggiatore Scarpa reinterpreta liberamente l’intero scontro, culminante in un lago ghiacciato preso a cannonate… che non è mai esistito.
Questi, e altri aneddoti minori, lasciano perplesso il pubblico più attento. Specie per il fatto che essi sono forse gli eventi più interessanti narrati sullo schermo. Quando un film storico si conclude lasciando un vago senso di confusione e noia, e quanto di più interessante ha avuto da raccontare era inventato, è evidente che qualcosa non va.
È un po’ un peccato, perché c’erano tutte le carte per fare un film memorabile e significativo. Phoenix offre una performance magistrale, la vita coniugale con Giuseppina getta luci sul personaggio di Napoleone che sono note a pochi, la messa in scena è ricca, le provocazioni tante…
Ma in ultima analisi, sembra che Scott abbia tentato di andare sul sicuro; anche la sua regia manca di audacia. Che forse è stato l’errore più grosso: dopotutto serve audacia per raccontare un personaggio egoriferito come Napoleone.
Alberto Bordin
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