Nel 2011, una missione spaziale nei pressi del mare lunare Crisium finisce tragicamente: uno dei tre astronauti scompare misteriosamente e solo l’abilità del pilota Brian Harper permette allo shuttle di atterrare, salvando la sua vita e quella della navigatrice di bordo Jocinda Fowler.
Giorni nostri: il cospirazionista K.C. Houseman, da anni sulle tracce di una prova dell’esistenza di megastrutture artificiali aliene, scopre che l’orbita lunare è cambiata. La stessa scoperta la fa la NASA, che vede vanificato il suo tentativo di non fare uscire la notizia proprio da K.C. Il mondo va in panico: la luna entrerà nell’atmosfera terrestre nel giro di tre settimane, sfaldandosi in una pioggia di meteoriti che potrebbe estinguere l’umanità.
Mentre eserciti e scienziati di tutto il mondo si preparano all’Armageddon, Jocinda Fowler, ora a capo della NASA, dovrà convincere Brian Harper a tornare nello spazio e riaffrontare fantasmi del passato e… molto peggio. Con loro anche K.C. Houseman: Jocinda e Brian scopriranno presto che le sue teorie non sono poi così folli.
Roland Emmerich torna con un nuovo disaster movie, dandogli il suo tocco inconfondibile, quel mix di tensione e rilascio che ha reso il suo Indipendence Day il simbolo del genere catastrofico. Dopo ventisei anni di titoli entrati nella storia dei film che ci fanno gridare “Moriremo tutti!” – tra The Day After Tomorrow e 2012 – Emmerich dirige un’altra storia che gioca con i nostri recenti vizi e tendenze: il complottismo, la fuga di notizie e la passione per ciò che fatichiamo a comprendere. Moonfall ha la sfortuna di uscire nelle sale dopo Don’t Look Up, certamente sfruttandone la scia, ma finendo con sembrarne una coda: il film di Adam McKay è sicuramente più incentrato sulle tematiche sociali che scaturiscono da una minaccia globale, dove l’anonimo meteorite è solo un pretesto per discuterne. Moonfall invece segue e rispetta maggiormente la struttura del genere, che alla fine è sempre l’umanità che resiste alla fine del mondo. Senza però prendersi troppo sul serio: il regista sembra quasi dare una bacchettata ai tanti colleghi che hanno cercato di fare del genere una disputa filosofica, scomodando spesso scienziati e astronomi per scrivere la sceneggiatura.
Il risultato è un film divertente, che per paradosso in alcune scene dà un senso di sollievo più che di tensione, frutto della memoria di altri disaster movie che il pubblico ha amato in passato. Non solo i più recenti come il già citato Don’t Look Up, ma soprattutto quelli degli anni ’90, nei quali nel momento topico si preferiva una battuta sagace alle lacrime strazianti. Anche i dialoghi più che banali sembrano un omaggio a quelli di un tempo, quando “Houston abbiamo un problema” era d’obbligo come il sugo sulla pasta. Nostalgia che però richiama il presente: la battuta “Ho scoperto una cosa sconvolgente… mi devo mettere in contatto subito con la NASA” messa in bocca a K.C. Houseman all’inizio del film presenta il personaggio complottista alla perfezione, ma è anche una frase che in questi ultimi anni avremmo potuto tranquillamente leggere sui social.
Per il resto, la storia scorre senza grande originalità fino alla fine del secondo atto, quando una nuova scoperta rilancia la trama aprendo le porte alla fantascienza. Non il migliore dei film di Emmerich forse, ma di sicuro un’apocalisse da godersi per due ore insieme a tutta la famiglia.
Claudio F. Benedetti
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