Lisbeth Salander, l’hacker che odia gli uomini violenti, rivive e rivela il suo passato quando un’organizzazione criminale rapisce August, il figlio di un ingegnere informatico che le ha appena affidato una nuova missione.
Lisbeth Salander è un personaggio che non si dimentica facilmente. Eroina delle donne oppresse da uomini violenti, hacker che nell’intuizione rivela la sua femminilità, Lisbeth non si sporca le mani con le organizzazioni criminali. Le combatte dal di fuori quando sono in gioco le sorti dei suoi datori di lavoro. Con Millennium – Quello che non uccide, lo scrittore David Lagercrantz, erede letterario della saga di Stieg Larsson (che ha dato vita alla trilogia cinematografica svedese Uomini che odiano le donne, La ragazza che gioca- va con il fuoco e La regina dei castelli di carta, con un bel remake americano di David Fincher e a una successiva serie televisiva) regala al cinema un’altra storia di azione e pathos diretta da Fede Álvarez, un regista uruguaiano.
La nuova avventura di Lisbeth parte da un ingegnere informatico, Frans Balder, che lavora per l’agenzia americana di sicurezza nazionale e di difesa nucleare: deve recuperare un file prima che sia usato indebitamente. Da questa richiesta nascono tutte le disavventure che vedono Lisbeth protagonista, insieme ad August, il figlio piccolo di Frans, che sarà rapito da un’altra organizzazione criminale, questa volta guidata da Camilla, la sorella che Lisbeth credeva morta.
Le vicende private si mescolano alla forza, all’intelligenza e all’intraprendenza di Lisbeth, che non conosce il carico del dolore (fisico) e della sconfitta. La protagonista, che nei precedenti film non ha nascosto mai la sua bisessualità e che ha avuto il volto di Noomi Rapace o Rooney Mara, in Millennium – Quello che non uccide è interpretata da Claire Foy, la regina Elisabeth amata in The Crown, e la moglie fedele e sicura di Neil Armstrong in The First Man – Il primo uomo.
Una scelta importante quella di Claire Foy, per raccontare, utilizzando la fisionomia della protagonista, il passato doloroso di Lisbeth con meno durezza: diversi flashback ci riportano alla sua infanzia quando, bambina, giocava a scacchi con la sorella e assisteva ai desideri del padre che voleva abusare di loro. Un abuso al quale lei non si era sottomessa. E che decreta l’allontanamento definivo delle due sorelle. Per tutta la vita Lisbeth crederà che solo il padre è ancora vivo, ma quando (mentre cerca di proteggere e liberare il bambino August, l’unico che conosce la password del programma e che ha anche assistito alla morte violenta del padre) Lisbeth si ritroverà – accompagnata da Mikael Blomkvist, un giornalista di fiducia – ad affrontare l’organizzazione criminale, feroce nelle sue azioni e potente nei suoi mezzi, scoprirà che è guidata dalla sorella Camilla, dopo la morte del padre.
La trama, fitta e adrenalitica, è potente e si segue con lo stesso pathos con cui si seguono i film d’azione, dove alla fine lo spettatore desidera che giustizia sia fatta: la sceneggiatura scorre e a volta si ha l’impressione che il male sia troppo forzato e la risposta al male troppo vincente.
Non c’è un momento senza tensione in questo film, in cui la rivelazione della bisessualità di Lisbeth non aggiunge o toglie nulla al personaggio e non serve a dare una svolta alle sue vicende. Certo, quasi tutte le scene di azione tolgano il fiato, come la corsa in moto su un lago ghiacciato o gli incontri tra le due sorelle: quello che rimane alla fine del film, violento e teso, è la sensazione che il passato costruisce e condanna il nostro presente.
Scegliere un film 2019
Tag: 2 Stelle, adattamento da romanzo, Azione, Drammatico, Poliziesco, Thriller