Nel 2029, con la popolazione mutante quasi estinta, Wolverine, malandato e alcolizzato, tira a campare facendo l’autista e ogni sera attraversa il confine con il Messico per raggiungere una cisterna abbandonata, dove si prende cura del vecchissimo professor Xavier. Due relitti in attesa di trasferirsi altrove (ma forse è solo un sogno impossibile), la cui vita viene sconvolta dalla comparsa di una giovane mutante che con Logan ha molto in comune. Riluttante all’inizio, Logan è costretto a prendersene cura; comincia così per lui un viaggio che lo porterà a una definitiva resa dei conti con il suo passato.
L’ultimo capitolo della saga autonoma dedicata a uno degli X-Men più amati, Wolverine, è un western contemporaneo violentissimo e teso, che però, come nella migliore tradizione dei cinecomic dedicati ai mutanti, non si risolve solo in spettacolari scene di azione e combattimento (che pure non mancano) ma esplora soprattutto i suoi tormentati personaggi.
Logan, condannato dalla sua mutazione a non invecchiare e ad affrontare mille battaglie grazie alla facoltà di rigenerare i suoi tessuti, non è però più quello che abbiamo visto nei precedenti film della saga. Il suo corpo porta ora i segni della malattia (legata, anche se non viene mai dato per certo, alla presenza dell’indistruttibile adamantio dei suoi artigli), del vizio dell’alcool, ma soprattutto di un lasciarsi andare senza speranza, solo in parte contraddetto dall’impegno che mette nel prendersi cura dell’ormai malconcio professor Xavier.
I mutanti, dunque, nell’universo di Logan sono una razza in estinzione, ormai forse neppure degna di essere “cacciata” come in alcuni episodi precedenti. Del resto anche il resto del mondo, in fondo non poi molto diverso da oggi, sembra sempre più diviso tra ricchi e poveri, con tanto di muro a separare gli Usa dal Messico, lo stesso Paese dove la “solita” multinazionale con agganci governativi fa esperimenti su giovani donne troppo povere per dire di no e i cui figli hanno tutti i colori delle minoranze.
Poi, però, qualcosa accade, o piuttosto qualcuno… una bambina che ha molto in comune con Logan, dagli artigli alla violenza, che scatta incontrollabile e distruttiva, ma soprattutto lo sguardo di chi non ha niente e nessuno a cui appartenere. Come ne Il cavaliere della valle solitaria che nel film di Mangold è ripetutamente citato a livello visivo e non solo, ma forse ancora di più come nei western postmoderni di Clint Eastwood (Gli spietati è l’esempio più immediato), l’eroe è un antieroe, che prende su di sé la responsabilità della violenza che commette, pur se lo fa per difendere qualcuno (“Una volta che hai ucciso non lo puoi più cancellare”); che sa che per lui non esiste happy ending e che la morte, quando arriverà, potrà forse dargli la pace.
La durezza del mondo che Logan racconta, in cui le buone azioni spesso e volentieri vengono ricompensate con la violenza, fa da contraltare al legame che si crea tra Logan e la piccola Laura (muta fin oltre a metà del film), una creatura selvatica e volitiva che trascina Wolverine in un viaggio che lo cambierà per sempre.
I cattivi sono quelli di sempre, interessati a sfruttare le mutazioni per il potere, decisi a nascondere le tracce dei propri errori con l’omicidio, rispetto ai quali il cinismo di Logan si trasforma in un’ultima battaglia in difesa dei giovani mutanti compagni di Laura.
Non è decisamente un film per tutti l’ultimo capitolo delle avventure di Wolverine, la cui durissima morale tuttavia lascia anche spazio alla scoperta di sentimenti (l’amore e la capacità di legarsi a qualcuno) che riescono finalmente a regalare a Logan un lampo di serenità. Regia e interpretazioni rendono giustizia a questa avventura crepuscolare che non lascerà delusi i fan della saga.
Luisa Cotta Ramosino
Tag: 3 stelle, Azione, Drammatico, Fantascienza, Marvel, Thriller