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Limonov


TITOLO ORIGINALE: Limonov: The Ballad
REGISTA: Kirill Serebrennikov
SCENEGGIATORE: Pawel Pawlikowski, Ben Hopkins e Kirill Serebrennikov
PAESE: Italia, Francia, Spagna
ANNO: 2024
DURATA: 138'
ATTORI: Ben Whishaw, Viktorija Mirošničenko, Tomas Arana, Corrado Invernizzi e Evgenij Mironov
SCENE SENSIBILI: molte scene di sesso, tra cui alcune esplicite e violente; autolesionismo; scene di nudo; scene di violenza; turpiloquio.
1 vote, average: 3,00 out of 51 vote, average: 3,00 out of 51 vote, average: 3,00 out of 51 vote, average: 3,00 out of 51 vote, average: 3,00 out of 5

Eduard Limonov, personaggio indomito e incendiario, allergico al calcolo e alla routine, dopo una giovinezza da metalmeccanico nella città ucraina di Kharkiv, tenta di affermarsi come poeta e Mosca. Sceglie poi la via di un esilio volontario a New York, dove, dopo una bruciante delusione amorosa, si riduce a una vita da senzatetto e poi da maggiordomo. Quando trova la gloria letteraria che cercava tra le vie di Parigi, non contento, torna nella Russia post-sovietica e fonda un partito che condensa i suoi ideali rivoluzionari.

Un’impresa impossibile

La sfida di adattare Limonov, la biografia scritta da Emmanuel Carrère, inafferrabile come il personaggio di cui riesce miracolosamente a restituire la vastità, aveva in sé qualcosa di epico e quasi impossibile. Non stupisce che Pawlikowski (Ida, Cold War), artista riflessivo e misurato a cui era stato inizialmente affidato l’adattamento, abbia abbandonato l’impresa.
Il tentativo di Serebrennikov si prende la responsabilità di alcune scelte precise, per quanto discutibili, che aiutano a conferire al film, disperso nei frammenti schizofrenici della vita dello scrittore e politico russo, una coesione stilistica e un senso di compiutezza perlomeno estetica.
Mitja Karamazov, nel celebre romanzo di Dostoevskij, afferma che l’animo dell’uomo è immensamente vasto, oscillante tra l’ideale di Sodoma e quello della Madonna. Per rappresentare la vita dello scrittore e politico russo, Serebrennikov ha scelto senza indugi la via di Sodoma, l’elemento dionisiaco presente nel personaggio raccontato. Una scelta di campo netta che, seguendo in modo quasi univoco l’aspetto corporeo, passionale, folle, ha privilegiato la via più semplice, più cinematografica e ammiccante, lasciando poco spazio alla visione del mondo, alla complessità ideale, politica e finanche spirituale del protagonista.

Una danza sul filo della Storia

Gli intenti, del resto, sono dichiarati sin nel titolo originale: il regista russo ha voluto comporre una ballata e la musica domina il film anche a livello compositivo, inondando gli interstizi tra i diversi episodi della vita di Limonov, apparentemente slegati, senza il tentativo di cercare un fil rouge di senso, semplicemente abbandonandosi al ritmo e alla potenza estetica della danza.
Il rischio, soprattutto per la prima metà del film, è di rendere Limonov (anche in forza della fascinosa interpretazione di Ben Whishaw) un Joker carismatico e pop, una rock star di cui non si coglie appieno l’aspetto storico, sociale, profondamente radicato nella realtà russa del secondo Novecento.
Gli amori disperati, la sessualità complessa e strabordante, l’autodistruttività del protagonista finiscono, nel primo tempo, per offuscare tutto: l’individualità di Limonov, tagliata fuori dal collettivo storico e dalle vicende della sua patria, si dibatte senza direzione come una coda di lucertola. Il film riacquista mordente da quando il metronomo della Storia torna a battere e la volontà di potenza dello scrittore intreccia il caos del periodo post-sovietico, trovandovi un humus fertile per dare voce alla sua visione del mondo. In questa seconda parte, pur sempre in un contesto narrativo che rimane in superficie, si susseguono battute fulminanti e prende forma lo scontro tra direzioni contrapposte delle Storia. Scene ben imbastite, non prive di ritmo, lanciano bagliori su temi più che scottanti, al centro del dibattito dopo lo scoppio della guerra in Ucraina e il sorgere di una nuova geopolitica che l’estro incendiario di Limonov sembra precorrere.
Tuttavia, la debolezza della prima parte del film non ci permette di cogliere appieno le radici di questo contrasto, né di penetrare le profonde ragioni dello scrittore e delle sue scelte. Rispetto al libro manca una voce, un personaggio, una forza che sostituisca lo sguardo di Carrère attraverso cui la complessità di Limonov si svela, come in un dialogo, pur mantenendo il suo mistero. Di fronte al reale impenetrabile e delirante del protagonista, manca un artificio narrativo che accompagni lo spettatore, pungolandolo, permettendo di cercarvi, se non di trovarvi, un senso.
Rimane la forza di una danza frenetica sul filo della Storia che ha l’incompiutezza di una profezia.

Eleonora Recalcati

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