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Lettere da Berlino


TITOLO ORIGINALE: Alone in Berlin
REGISTA: Vincent Perez
SCENEGGIATORE: Vincent Perez, Achim von Borries, Bettine von Borries dal libro di Hans Fallada
PAESE: Germania/Francia/Uk
ANNO: 2016
DURATA: 97'
ATTORI: Emma Thompson, Brendan Gleeson, Daniel Brühl, Mikael Persbrandt, Uwe Preuss
SCENE SENSIBILI: scene di violenza.
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Berlino 1940. I coniugi Anna e Otto Quangel ricevono la notizia che il figlio militare in Russia è morto sul fronte. Fino a quel momento i Quangel hanno cercato di sopravvivere facendosi i fatti propri e non occupandosi di politica, ma la notizia scatena nei due, prima separatamente, poi uno accanto all’altro, un’inedita forma di ribellione…

Una resistenza istintiva e silenziosa al regime nazista

Tratto da un romanzo del 1947 di Hans Fallada e ispirato a una storia vera, il film di Vincent Perez trae la sua forza dalle interpretazioni di Emma Thompson e Brendan Gleeson, che danno sangue e profondità ai due protagonisti di una resistenza istintiva e silenziosa, apparentemente inutile e perdente, ma in realtà incredibilmente significativa, al regime nazista.
I Quangel scelgono una forma di protesta atipica: scrivono brevi cartoline di contestazione al regime e alla guerra e le abbandonano, a rischio della vita, in diversi luoghi pubblici, nella speranza che qualcuno le raccolga, le legga e cominci a riflettere.
Non implica armi né un’organizzazione particolare questa resistenza, in fondo neppure un piano (Otto inizia per conto suo e Anna lo segue più tardi) ma, forse senza volerlo, assomiglia al gesto del seminatore della parabola, che getta il suo seme “rivoluzionario” sui terreni più disparati lasciando alla provvidenza e alla libertà di chi lo riceve di segnare il suo destino.

Le conseguenze di una nuova coscienza

La vera storia del film, tuttavia, non è nemmeno quella di un episodio che ha dell’incredibile, ma soprattutto quella delle conseguenze che questa nuova coscienza ha su Anna e Otto e sul loro matrimonio. Inizialmente lontani (forse più per abitudine e stanchezza che per reali motivazioni), i due sembrano definitivamente separati dal violento lutto che li colpisce, ma si ritrovano poco a poco vicini e alleati, anche nuovamente innamorati, nella loro comune missione.
Il film non segue solo la loro vicenda, ma a specchio anche quella dell’ispettore Escherich, l’ufficiale della Gestapo incaricato di stanarli: un “cattivo” senza grandezze, che anzi è spinto soprattutto dal tentativo di sopravvivere a un sistema violento anche contro i suoi, più che da un autentico bisogno di verità. Un vigliacco, come molti del resto, piccoli e meschini rappresentanti di quella “banalità del male” di cui parlava Hannah Arendt e da cui sono circondati i Quangel.
È proprio il confronto dal loro eroismo minimo e quotidiano e la massa dei molti che, pur non azionando le macchine delle camere a gas od ordinando bombardamenti, sono stati i “silenziosi complici di Hitler” (per usare una storica espressione) che emerge il senso più profondo di questa storia.

Il valore rivoluzionario di un gesto d’umanità

Per chi ricerchi le usuali emozioni delle vicende di guerra e resistenza Lettere da Berlino potrebbe risultare un po’ frustrante, con il suo esito già scritto e la mancanza di grandi svolte e scene di azione. La storia, qualche volta, sembra perdersi per strada, ma mantiene sempre una chiara e mai scontata bussola morale. Di fronte a un male che sembra essere diventato la norma e che richiede solo obbedienza, anche il più silenzioso gesto di umanità assume un valore rivoluzionario.

Laura Cotta Ramosino

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