A Vechot, sperduto paese in mezzo alle Alpi, l’esperto investigatore Vogel viene fermato in seguito a un incidente. Nessuno si è ferito, ma i suoi vestiti sono pieni di sangue. Perché? A chiederselo il dottor Flores, lo psichiatra che fa da consulente alla polizia e che conosce bene tutta la storia. Vogel era arrivato nel tranquillo paesino per indagare sulla scomparsa di Anna Lue, innocente ragazzina di 16 anni. Da subito aveva messo nel mirino il professor Loris Martini, uomo con molti debiti e parecchie ombre. Un’indagine che era presto diventata un’ossessione, tanto da portare Vogel a costruire una prova falsa pur di incastrare l’insegnante. E quando la verità su quell’inganno era emersa, il professore era stato scagionato e la scomparsa attribuita a un serial killer dormiente da quasi 20 anni. Ora Vogel ha scoperto quella che crede essere la verità ed è tornato per farsi giustizia, ma forse si sbaglia ancora una volta.
Nel 2009 con Il suggeritore, suo romanzo d’esordio, Donato Carrisi diventa uno degli autori gialli di maggior successo non solo in Italia, ma anche nel mondo.
Ora, nel 2017, fa un ulteriore salto portando al cinema uno dei suoi romanzi e non solo come autore, ma addirittura come regista. La sfida è davvero alta e per certi versi può considerarsi vinta. Carrisi confeziona un’opera prima per niente scontata, mostrando anche capacità tecniche, costruzione del ritmo e direzione degli attori. La ragazza nella nebbia è infatti un film che non ha solo una trama ricca di colpi di scena, ma anche un’estetica ben riconoscibile, dilemmi morali di fondo centrati, interpretazioni attoriali convincenti, in particolare quella di Alessio Boni, nel ruolo sfaccettato del professor Martini.
A fronte di tante positività non mancano alcune criticità. In alcuni casi la messinscena rischia di diventare troppo esasperata, un po’ di maniera. E in quei passaggi il patto di credibilità tra spettatore e film traballa, ma sono peccati veniali ampiamente giustificabili in un esordio.
La ragazza nella nebbia rimane insomma una vera boccata d’ossigeno in un mercato altrimenti asfittico come quello italiano, un’opera fieramente di genere, creata per intrattenere nel senso alto del termine, sedurre, confondere, stupire. In sottofondo, ma comunque presenti, il tema della spettacolarizzazione della cronaca nera, della facilità con cui la stampa sbatte il mostro in prima pagina, dell’ossessione della giustizia che può portare alla mistificazione. Una scommessa vinta dunque, come mostrano anche i buoni risultati al botteghino.
Andrea Valagussa
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