La vita dello scrittore Romain Kacew, dall’infanzia a Vilnius segnata da sorti economiche e sociali alterne, passando per la gioventù sotto il sole spensierato di Nizza e i primi exploit artistici parigini, arrivando alle imprese militari durante la seconda guerra mondiale. Una vita descritta in episodi tragici e drammatici, ma anche comici e rocamboleschi, tutta vissuta dentro un amore materno intenso e allo stesso tempo ossessivo e totalizzante.
La promessa dell’alba è il secondo adattamento cinematografico tratto dall’omonimo romanzo autobiografico del 1960 dello scrittore francese Romain Gary (Kacew nella pellicola). Il film segue la vita di Romain, mentre la sua stessa voce ci guida attraverso le sue molteplici fasi, che cambiano in tono e ambientazioni. C’è l’infanzia passata a Vilnius, dove assieme alla madre Nina vive emarginato dal resto della città a causa delle loro origini ebraiche. Ma da subito viene stabilito come Nina (interpretata con intensità e vigore a volte farseschi da Charlotte Gainsbourg) non si arrenda facilmente alle circostanze, e con spirito di iniziativa e qualche espediente riesce ad aprire il salone di moda più in voga della città. Le energie affettive di Nina sono tutte rivolte verso il figlio, che viene cresciuto secondo un’idea ben precisa dalla madre: il suo destino sarà la fama, il successo, le donne e lo status sociale, e Romain stesso ha poca voce in capitolo. Il successo non dura molto, e messi alle strette dalla situazione economica, i due si trasferiscono a Nizza, dove si apre un nuovo capitolo più sereno nella vita dei due. Grazie alla sua intraprendenza, Nina riesce nuovamente a rimettersi in piedi aprendo una pensione turistica, e assistiamo allo sbocciare delle doti artistiche e sentimentali del giovane Romain, che si trasferirà poi a Parigi per finire gli studi, si arruolerà nell’esercito francese all’inizio della seconda guerra mondiale.
Nel proseguire degli eventi, ci accorgiamo di come, anche nella lontananza, sia proprio il rapporto materno la costante che accompagna la vita di Romain e la pellicola stessa. L’amore della madre ha, nel bene e nel male, plasmato il figlio, e ogni passo e obiettivo che Romain persegue è profondamente radicato negli insegnamenti (e ossessioni) della madre: quando da ragazzino Romain mostra un talento per la pittura, la madre lo indirizzerà invece verso la scrittura («il talento non è stato d’aiuto a Van Gogh e Gaugin nella loro vita»), determinando così la sua stessa vocazione artistica.
Le immagini di successo della madre e il desiderio del figlio di non deluderle rimarranno la spinta propulsiva nella vita di Romain che – come si vedrà nella sua carriera di aviatore militare tra l’Africa e l’Inghilterra – lo spingerà molto spesso a scelte e comportamenti estremi, con risultati ben diversi da quelli immaginati. L’amore e le aspettative di bene con cui Nina ha coperto (a volte soffocato) Romain lo spingeranno ancora e ancora, portandolo a compiere imprese che forse da solo non avrebbe mai realizzato («scrivi il tuo romanzo», «comportati da eroe» sono ritornelli costanti durante il film), ma lasciando lui e anche noi spettatori con l’amarezza di trovarsi in un rapporto a senso unico, che sembra molto spesso impossibile da ricambiare.
L’interpretazione dei due attori protagonisti si rivela in questo senso molto azzeccata, con Pierre Niney nei panni di un Romain tenero ma sempre teso e ansioso, e Charlotte Gainsbourg, che nel ruolo di Nina veicola un’energia elettrica e maniacale che descrive alla perfezione il suo personaggio.
Scegliere un film 2019
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