Belle e il padre Maurice vivono in un tranquillo paesino dove i giorni sembrano scorrere tutti uguali. Entrambi soffrono la mancanza della defunta madre di Belle, di cui la ragazza ha pochissime notizie, giacché il padre sembra sempre troppo addolorato per parlarne. In un paese piccolo come il loro, la “stravaganza” di Belle, che è particolarmente intelligente e ama moltissimo leggere, desta le malelingue, ma il capitano Gaston, convinto che la bellezza della ragazza combaci alla perfezione con la sua, è deciso a farle la corte. Mentre Belle tenta di tenerlo a bada, Maurice parte per andare a vendere i suoi lavori d’artigiano a una fiera. Quando, giorni dopo, Belle vedrà tornare terrorizzato solo il cavallo del padre, partirà alla sua ricerca, pronta a tutto per riportarlo a casa sano e salvo.
Con al novero già due film campioni d’incassi al botteghino (Cenerentola nel 2015 e Il libro della giungla nel 2016), la Disney procede spedita sulla strada dei live action ad alto budget che sembrano essere in grado di richiamare folle oceaniche nelle sale cinematografiche.
Come sempre accade con queste versioni con attori in carne ossa, è inevitabile per lo spettatore fare un confronto con il film d’animazione originale; in questo caso particolare, però, l’impresa di creare un lungometraggio di pari o superiore qualità rispetto alla versione animata era ardua. La Bella e La Bestia (1991) è stato il primo film d’animazione in assoluto a essere nominato all’Oscar nella categoria “miglior film”. Non solo, ottenne altre quattro nomination e vinse due statuette per la miglior colonna sonora e la miglior canzone.
Sicuramente consapevoli di questi fattori, sceneggiatori e produzione hanno infatti optato per un calco dell’originale (quasi) scena per scena, o inquadratura per inquadratura, che omaggia la fantasia dei disegnatori di un tempo e ne rende reali i costumi, i colori e le scenografie. Questa attenzione al dettaglio non impedisce, però, al film di subire delle variazioni che, intenzionate a dare una veste d’originalità a una storia che tutti conosciamo, finiscono invece per renderne ibrida l’anima.
Da una parte abbiamo un’aggiunta poco motivata di canzoni che, andandosi a sommare a quelle già presenti nel film d’animazione (i cui testi qui riadattati sfigurano notevolmente rispetto agli originali), finiscono per dare la sensazione di stare vedendo un musical che musical non è. Dall’altra l’inserimento di nuovi espedienti narrativi – come la parte sul drammatico passato parigino di Belle e del padre o la scelta di dare una voce e un volto al personaggio della maga – non aggiungono nulla di sostanziale al racconto, andando solo a prolungarne lo svolgimento.
Dei personaggi principali, inoltre, vengono sottolineate alcune sfumature che erano già presenti in nuce, ma che rischiano di non rendere loro un buon servizio: si è molto parlato degli accenni (in realtà lievissimi, e che i bambini non coglieranno) alla possibile omosessualità di Le Tont, mentre l’intelligenza di Belle e il suo amore per la libertà vengono colorati con un sapore vagamente femminista, in sintonia con le idee dell’attrice protagonista Emma Watson, che rischia forse di oscurare la dolcezza del personaggio originale e il suo essere pronta a sacrificarsi per coloro che ama.
Nonostante un notevole investimento negli effetti speciali, nelle scelte di cast e nella promozione su scala mondiale del film, il nuovo La Bella e La Bestia non sembra essere riuscito a delineare una propria identità specifica, e difficilmente sarà capace di scalzare il film d’animazione nel cuore degli spettatori che lo avevano tanto amato. Resta però uno spettacolo di prim’ordine sul piano della resa visiva e artistica in generale, e con una protagonista che fa dell’intelligenza e della bontà le sue armi migliori. Di questi tempi, non è poco.
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