Regno di Gabilonia, epoca dei cavalieri. Justin è un giovane figlio di un grandissimo avvocato, carriera alla quale sembra destinato dalla volontà paterna. Il ragazzo, invece, sogna di seguire le orme del nonno e diventare cavaliere. Purtroppo però, i cavalieri sono stati dichiarati illegali da un decreto emanato proprio dal padre di Justin. Così, una notte, il ragazzo fugge e si presenta da tre monaci che hanno addestrato tutti i cavalieri del regno, deciso a seguire il suo sogno. Solo la vita dimostrerà se ne ha veramente la stoffa. Eraclio, un ex cavaliere che assassinò il nonno di Justin e che desidera per sé il potere, sta per invadere il regno, un mondo senza più eroi dove solo Justin e la sua squadra (Talia, una ragazza coraggiosa e Melquiades, un mago con sdoppiamento di personalità) potranno intervenire e riportare i cavalieri alla loro antica gloria.
“Non è l’abito che fa l’uomo, ma l’uomo che fa l’abito”. Questo è uno dei primi insegnamenti di Lucer, un antico cavaliere che addestra il protagonista. È questo il tema del film, uno dei cui elementi veramente godibili è proprio il personaggio di Justin: un ragazzo sorridente, umile, che mai si arrende; un vero cavaliere, che rispetta fino in fondo gli impegni presi ed è nobile nell’animo prima di esserlo nell’abito. Questo giovane eroe è il vero punto di forza di una storia in parte già conosciuta, nella quale il protagonista è quello che sembrerebbe meno adatto a salvare la situazione insieme alla sua improbabile squadra. Mosso da una forte motivazione, consapevole di ciò che è giusto e desideroso di andare oltre i propri limiti, Justin si è messo in questa circostanza con le mani e con i piedi.
L’animazione di questa produzione spagnola, per quanto non raggiunga i livelli di studi maggiori come Pixar, DreamWorks o Universal, è godibile e fluida, al contrario del doppiaggio italiano che mostra alcune pecche, rendendo il prodotto meno comico di quello che ci si aspetterebbe.
Scrittura e scelte stilistiche non brillano per originalità e si presentano come un insieme di tanti piccoli aspetti già visti. A parte alcune scene godibili, come la lotta contro il coccodrillo/drago Gustave e quelle con il personaggio del monaco Braulio, il cartone vive su elementi molto classici, dalle piccole varianti comiche – come il cavallo di uno dei malfattori che ricorda Maximus del disneyano Rapunzel – ai personaggi secondari. Melquiades, il mago con due personalità perennemente in conflitto fra loro, è una versione meno comica del drago a due teste de La spada magica (un classico della Warner degli anni Novanta) e meno efficace anche nel doppiaggio italiano di Pino Insegno rispetto a quello divertentissimo che ai tempi fu di Gigi Proietti. Così, la narrazione della storia dei cavalieri attraverso i ricami degli arazzi ricorda la vicenda di Mosè ne Il principe D’Egitto della DreamWorks. Questi sono solo particolari di una storia che si dipana in maniera abbastanza prevedibile fino alla fine, dove il nostro raggiunge il giusto riconoscimento. Per non farci poi mancare nulla, c’è anche quel tocco di magia salvifica che serve a riconoscere a Justin una carica che noi spettatori gli abbiamo già concesso da un pezzo. Lascia perplessi, infine, in un prodotto per bambini, la presenza di un personaggio fortemente effemminato, forse un omaggio al politically correct contemporaneo…
La verità, però, è che questi aspetti, che certo non sfuggono a un pubblico più adulto, possono essere ignorati dai più piccoli, che si potranno divertire con gli allenamenti di Justin per diventare cavaliere e cogliere la bellezza del suo personaggio, vera e forse unica chicca del film.
Scegliere un film 2014
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