Nel 1996 Alex trova su una spiaggia Jumanji, il misterioso gioco da tavolo che fa materializzare i pericoli della giungla. Il ragazzo, più interessato ai videogiochi, ne rimane deluso. Jumanji dunque si “aggiorna” e si trasforma in una cartuccia per console. Quando Alex comincia a giocarci viene risucchiato e sparisce. Vent’anni più tardi, quattro liceali in punizione ritrovano la vecchia console, ripulendo un locale della scuola. Incuriositi, si inseriscono nella partita rimasta in sospeso e anch’essi sono risucchiati dal videogioco. Si trovano nel corpo di avatar prescelti e sono costretti ad intraprendere una missione. Ricongiunti con Alex, bloccato nel gioco da vent’anni, dovranno riportare al suo posto il gioiello rubato al Dio Giaguaro dal temibile Russell Van Pelt, per ristabilire l’equilibrio a Jumanji e tornare a casa.
Jumanji – Benvenuti nella giungla si pone a metà strada tra un sequel e un reboot del celebre film di culto degli anni novanta interpretato da Robin Williams.
I protagonisti di questa nuova avventura inseguono lo stesso obiettivo del precedente capitolo: finire il gioco per tornare alla normalità e ristabilire l’ordine turbato da Jumanji. Ma qui la dinamica si inverte. Non è più la giungla con i suoi abitanti ad invadere il nostro mondo, ma sono i nostri ad essere catapultati nella giungla virtuale di un videogioco. A muoversi non sono più le pedine di un gioco da tavolo ma dei veri e propri avatar, eroi/personaggi, che possiedono punti di forza e debolezze e hanno a disposizione tre vite, esaurite le quali il gioco si conclude con un game over. Si seguono dunque le regole dei videogiochi.
I quattro adolescenti protagonisti finiscono nel corpo di un avatar e si trovano addosso caratteristiche completamente diverse da quelle che in realtà possiedono: il ragazzino nerd Spencer veste i panni di un possente e impavido esploratore, il giocatore di football Fridge si trova nel corpo di uno zoologo basso e poco agile, la bella e vanitosa Bethany diventa un cartografo di mezza età in sovrappeso e l’asociale e insicura Martha è improvvisamente una seducente assassina di uomini.
Se da una parte il fatto che i ragazzi si trovino intrappolati proprio nel loro “opposto” e siano costretti a confrontarsi con forze e debolezze a loro estranee ha un effetto di prevedibilità su quel che sarà il loro arco di crescita, la contrapposizione tra gli avatar e la loro anima da adolescenti crea effetti comici esilaranti, che risultano essere l’elemento più interessante e riuscito del film.
Questo dà alla storia un tono del tutto diverso da quello che si respirava nel Jumanji del ’95. La comicità prevale sulla tensione drammatica. Se lo spirito d’avventura rimane intatto, quello che viene meno è il senso del pericolo e di angoscia. Quest’effetto si produce in parte per le stesse premesse del film. I ragazzi finiscono in una sorta di realtà virtuale, dove la possibilità di aver più vite dà l’impressione di ridurre il rischio a cui si è esposti. Anche se il pericolo di morire si cita diverse volte, si ha difficoltà a viverlo davvero. Inoltre, i personaggi protagonisti hanno dei poteri speciali, dati dai loro avatar, per affrontare un nemico che in fondo incute poco timore. Il vero nemico da combattere è la paura dell’adolescente che muove l’avatar, che deve accettarsi per quello che è e deve imparare a collaborare e confrontarsi con il compagno diverso da lui. La stessa vicenda di Alex, intrappolato per vent’anni nel gioco, non viene raccontata nei toni drammatici con cui veniva vissuta quella del personaggio di Williams.
Il film presenta dunque, più che un’avventura spaventosa, una storia godibile e divertente ed è probabilmente più adatto, per i temi trattati e per l’età dei protagonisti, a un pubblico di adolescenti.
Jessica Quacquarelli
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