La vita di Gabriel, rinomato chef francese, sta andando in frantumi: nonostante il successo professionale, infatti, la moglie lo tradisce, i figli stentano a spiccare il volo e anche la salute comincia ed essere precaria. Una sera infatti, dopo essere stato lasciato dalla moglie, il cuoco ha un infarto che lo costringe ad un rischioso intervento chirurgico. Una volta scampato il pericolo però, la vita gli offre una seconda opportunità e così l’uomo decide di volare in Giappone per scoprire il segreto dell’umami, antica ossessione giovanile. Il lungo viaggio nel paese del sol levante è anche un tuffo nel passato, alla ricerca della felicità…
Il sapore della felicità – il titolo originale invece è Umami, il cosiddetto quinto sapore, identificato all’inizio del secolo scorso proprio da un chimico giapponese – è il secondo lungometraggio del versatile regista Slony Sow (un passato tra musica e recitazione) e racconta la storia di un’affermata famiglia francese, unita dalla passione per la cucina. Il protagonista (Gérard Depardieu) gestisce infatti il suo ristornate a tre stelle in un’ambientazione da favola (un antico monastero?) insieme alla moglie e al figlio primogenito, chef in erba che aspira a ricalcare le orme paterne. Nonostante però il successo e l’apparente unità di intenti, la famiglia si sta sfaldando sotto il peso del tradimento e dell’ambizione che accomuna i suoi componenti.
Date le premesse, in seguito al grave malore che lo riduce in fin di vita, Gabriel è chiamato a fare i conti con l’esito della sua esistenza e così, durante un’improbabile seduta di ipnosi tenuta da un vecchio amico pescatore, che lo sprona a trovare nuove motivazioni, emerge il ricordo di una vecchia ferita mai rimarginata: un concorso culinario in cui si è classificato “solo” secondo, alle spalle di un misterioso collega giapponese che ha conquistato la preferenza dai giudici proprio grazie all’umami.
Il mistero che avvolge questo particolare sapore (in realtà presente in molti alimenti, non solo della cucina giapponese) è il pretesto per un lungo e solitario viaggio verso oriente che somiglia molto ad una fuga per modalità e tempistiche (di fatto l’uomo sparisce senza lasciare notizie a nessuno).
Dopo un avvio un po’ lento, necessario per settare il disagio umano che avvolge il protagonista e la sua famiglia – decisamente efficace il contrasto con lo splendore e la magnificenza del contesto d’appartenenza – ha inizio quindi l’avventura del protagonista, in un road movie dai risvolti esistenziali, sottolineati dalla musica intimista e dalla regia dal ritmo compassato, ma con spruzzate di commedia che fanno leva soprattutto sulle differenze culturali tra Europa e Giappone.
La trama a dire il vero è un po’ episodica, anche per l’abbondanza di personaggi e di linee narrative (c’è pure spazio per il tema del revenge porn) ma la ricerca del protagonista – che deve innanzi tutto scoprire l’identità del collega che tanti anni prima lo ha battuto – fa da collante tra i vari pezzi del puzzle, fino al primo dei due finali (sì, ce ne sono due, ma niente spoiler) in cui la morale, in parte già suggerita nel trailer, è chiara: la felicità è a portata di mano e non c’è bisogno di andare in Giappone per trovarla.
Gabriele Cheli
Tag: 3 stelle, Commedia, Film Francesi