SCEGLIERE UN FILM

Ida


TITOLO ORIGINALE: Ida
REGISTA: Pawel Pawlikowski
SCENEGGIATORE: Rebecca Lenkiewicz, Pawel Pawlikowski
PAESE: Polonia/Danimarca
ANNO: 2013
DURATA: 80'
ATTORI: Agata Kulesza, Agata Trzebuchowska, Joanna Kulig, Dawid Ogrodnik, Adam Szyszkowski
SCENE SENSIBILI: una scena di dissotterramento di resti umani molto drammatica, una scena a blando contenuto sessuale.
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Nei primi anni ’60 Anna è una giovane novizia orfana cresciuta in convento. La madre superiora insiste perché prima di prendere i voti si rechi a conoscere la sua unica parente, una zia che non le ha mai fatto visita. Anna esce per la prima volta dal convento e si trasferisce da zia Wanda, donna dura e disillusa, procuratore del regime comunista. L’orfana scopre così di chiamarsi in realtà Ida e avere origini ebraiche. Ida e Wanda intraprendono un viaggio sulle tracce del luogo di sepoltura dei loro famigliari, uccisi nel corso della Seconda Guerra Mondiale. Il tempo trascorso insieme le metterà di fronte a verità difficili da accettare.

I ritratti contrastanti di Ida e Wanda nella Polonia di Pawlikowski

Pawlikowski sceglie sottrazione e rigore per tracciare i ritratti di due donne antitetiche e speculari, legate dal sangue e da un bruciante bisogno di verità.

Un bianco e nero morbido ed elegante riduce il contrasto per far vibrare in tutta la sua forza il conflitto sotteso di Ida e Wanda allo specchio: due volti inesauribili e irregolari, di un espressionismo bergmaniano, che si scrutano e cercano di carpire cosa li unisce e cosa li divide. Inquadrature larghe dal basso, proiettate verso un cielo che sembra muto, inseriscono il dissidio intimo nel contesto di una storia nazionale costellata di contraddizioni irrisolte.

Il film parte dall’essenza del romanzo di formazione, la ricerca delle proprie origini finalizzata a una scelta di vita adulta, e si allarga al cammino a ritroso dell’intera Polonia, vittima e carnefice della sua storia burrascosa. Sorprendono l’assenza di retorica e l’essenzialità che, deposta ogni ideologia, racconta schiettamente l’umano nelle sue ambivalenze. Pawlikowski rifiuta lo schematismo, interessato piuttosto a rendere, con gli strumenti estetici che ha a disposizione, la contraddittorietà della Storia e di ogni vita individuale.

Magistrale il ricorso alla colonna sonora, usata per connotare il mondo al di fuori del convento nella sua aggrovigliata vitalità e, in particolare, associata a zia Wanda. La sregolata esistenza della donna, sin dalla sua entrata in scena, si colora di canzoni che grondano un malinconico attaccamento alla vita. Wanda cerca di perdersi nel dionisiaco, incarnato dal trittico uomini-alcol-danza, per lasciar cadere il velo dell’oblio sulla sua storia così carica di ombre.

Viaggio nell’anima tra santità e libertà

Gli occhi spalancati di Ida non possono non cogliere la componente autodistruttiva di questa fame di vita, eppure ne rimangono profondamente affascinanti, in un’alternanza di amore e odio. Contraddittorio è anche il rapporto della novizia con il sassofonista, emblema di una libertà disordinata e di una dolce vita sconosciuta che irrompe nei martoriati scenari polacchi con motivi scatenati e suadenti.

Se il sassofonista rimane stregato dalla purezza di Ida, la zia ne coglie la rigidità, rinfacciandole esasperata la dicotomia “Tu santa, io puttana”. Wanda si offre come tramite tra la novizia e il mondo, non risparmiandole nulla della sua crudezza. Il percorso iniziatico di Ida è effettivamente un bagno necessario nella complessità, portato sino all’immedesimazione più estrema, attraverso cui la novizia si riappropria della sua identità per aderire più liberamente al suo destino.

La debolezza del film risiede in questa svolta finale, percepibile come troppo stilizzata a causa dell’eccessivo minimalismo che non permette di cogliere appieno le sfumature del personaggio di Ida. La sostituzione Wanda/Ida assume così connotati meccanici poiché le azioni della novizia rimangono impenetrabili allo spettatore. É come assistere alle increspature della superficie di un lago senza conoscere le lotte subacquee che lo abitano. Il travaglio di Ida, la sua infinita sete di radicalità, resa più acuta dalle scoperte sul suo passato, si condensano in quel “E poi?”, sussurrato al sassofonista che le prospetta distrattamente un futuro insieme.

Nonostante questa nebulosità, il finale mantiene una potenza immaginifica notevole: nel gesto di Ida di far ripartire il disco interrotto da Wanda si legge l’acquisizione di un’eredità tragica e gravosa che la giovane riesce, con il suo coraggio, a fare propria, camminando in direzione ostinata e contraria verso una scelta libera e vera.

Scegliere un film 2014

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