L’ultimo anno di vita di Bettino Craxi ad Hammamet.
Raccontare la storia è sempre un’operazione rischiosa, coraggiosa e necessaria. E raccontare la storia politica italiana, lo è ancora di più. Con Hammamet Gianni Amelio (il regista amato per opere come Colpire al cuore, Le chiavi di casa e il suo ultimo film La tenerezza) scrive una pagina “storica” che prende vita da un personaggio politico italiano, Bettino Craxi, realmente vissuto e ne costruisce un film. Non un film politico, come il regista ha più volte precisato, ma un film che racconta la fine di un uomo di potere, costretto all’esilio in una terra non sua, divorato dal diabete e dai conseguenti problemi cardiocircolatori.
Siamo infatti nel 1999, ad Hammamet. Ci arriviamo subito dopo un inciso nel 1989 sul 45° Congresso del Partito Socialista a Milano, dove Craxi era osannato, amato mentre l’unica persona a uscire fuori dal coro è Vincenzo (Giuseppe Cederna), un operaio che si vuole dimettere dall’incarico di tesoriere del partito e lo avverte dei rischi che sta subendo.
Dieci anni dopo, il Presidente (non viene mai nominato il nome di Bettino Craxi, mai chiamato da nessuno dei familiari o amici con il nome proprio) è esule in questa magnificente villa, accudito dalla giovane figlia (si chiamerà Anita), mentre suo nipote gioca con lui e sua moglie appare e scompare, quasi sempre seduta.
A “turbare” un equilibrio consolidato, fatto di poca gratitudine (il presidente nei confronti della figlia) è l’arrivo di un ragazzo, che porta la lettera di Vincenzo, il padre suicida.
Amelio, insieme allo sceneggiatore, costruisce un impianto narrativo quasi fedele (anche nelle location perché il film è girato principalmente nella villa tunisina di Craxi) ma punta tutto alla realizzazione di una storia greca e shakesperiana dove il Presidente è Agamennone, Priamo e Re Lear, mentre sua figlia è Elettra, Cassandra e Cordelia.
Pesano sulla vita e sulle decisioni di Craxi le due condanne che lo hanno definito agli occhi di tutti una persona accusata per corruzione e finanziamento illecito (5 anni e 6 mesi per le tangenti Eni-Sai, 4 anni e 6 mesi per quelle della Metropolitana milanese). Si accenna attraverso i dialoghi, più volte, all’uso improprio di denari, alla politica italiana servile, ma il personaggio di Craxi non è mai totalmente condannato o giustificato.
Nelle oltre due ore di film si assiste alla fine di un uomo e si vivono emozioni per la malattia che sgretola corpi e crea distanze e distacchi, passioni e gelosie per tradimenti conosciuti e parzialmente accettati (da qui il cameo di Claudia Gerini) con la consapevolezza che niente potrà tornare come prima. Ma allo stesso tempo, se le idee di base sono forti (basta pensare alla drammaturgia greca e shakesperiana di riferimento), c’è in Hammamet un’imperfezione che rischia di rendere questo film uguale a tutti i film: i personaggi ci sono tutti, ma sono accennati, vivono in funzione solo del protagonista (interpretato da un grandissimo Pierfrancesco Favino che ha nascosto sé stesso e ha assunto tutto di Craxi, voce, movenze, tic) e non sono, se non in qualche lieve passaggio, parzialmente approfonditi. E se pur si apprezza il pre-finale onirico, in omaggio forse a Federico Fellini, Hammamet non riesce ad avere quella forza e quel peso necessari perché il suo film sia davvero cinema.
Scegliere un film 2020
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