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Gli indesiderabili


TITOLO ORIGINALE: Bâtiment 5
REGISTA: Ladj Ly
SCENEGGIATORE: Ladj Ly, Giordano Gederlini
PAESE: Francia
ANNO: 2023
DURATA: 101'
ATTORI: Anta Diaw, Alexis Manenti, Steve Tientcheau, Aristote Luyindula, Jeanne Balibar e Aurélia Petit
SCENE SENSIBILI: alcune sequenze di scontri di strada e ad alta tensione
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Montvilliers, Francia. Dopo l’improvvisa morte del sindaco, l’inesperto pediatra Pierre Forges viene nominato successore ad interim. Obiettivo della nuova amministrazione è la riqualificazione di un fatiscente isolato, che prevede la demolizione di un imponente edificio abitato da immigrati. Tra questi, la giovane Haby Keita, che giura battaglia contro un provvedimento che obbligherà i residenti allo sfratto.

Un nuovo viaggio nelle banlieues

Dopo I miserabili (2019), viaggio di un trio di agenti di polizia lungo le vie di Montfermeil (popolata da diverse etnie e frantumata in bande criminali), Ladj Ly fa ritorno in un degradato sobborgo, stavolta nell’immaginaria Montvilliers. E, di nuovo, si tratta di un territorio perduto di Francia, martoriato dall’emarginazione e saturo di risentimento.
Se nella precedente pellicola l’esclusione sociale procedeva di pari passo con un più ampio sentimento di squalifica dall’esistenza, di cui anche le autorità francesi apparivano vittime, ora la radice del rancore sta – innanzitutto ma non solo – in uno schietto problema abitativo. E il posto del precedente avversario (le forze dell’ordine) viene preso dalla pubblica amministrazione, facendo de Gli indesiderabili un film strettamente politico. In questo caso, a soffrire è il solo fronte cittadino: all’incompetenza e insipienza della classe dirigente si imputa infatti tutto (o quasi) il dolore degli immigrati di Montvilliers. Tanto che l’iniziale inettitudine del sindaco Forges si tramuta in una sempre più ottusa e deliberata strategia di umiliazione degli ultimi; fatto che, tra l’altro, fa collimare tra loro rivalità sociale (lotta di classe) e conflitto razziale. Dato questo schema, l’impressione è che Gli indesiderabili, soprattutto se confrontato col più articolato film gemello, proceda per semplificazioni di comodo; fermo restando che, per esserne certi, occorrerebbe una precisa conoscenza della realtà francese.

Rabbia «cattiva» e rabbia «buona»

In ogni caso, il film è un crescendo di esasperazione: anche stavolta, Ladj Ly vuole attivare un allarme, quello che certi incandescenti settori di società inneschino un nuovo, incendiario, capitolo rivoluzionario della storia di Francia. Ma con una particolarità: la combattiva Haby Keita è arrabbiata, ma non rabbiosa. E più che sovversiva, è un’attivista in cerca di partecipazione politica. La sua presenza fa sì che il film non si accontenti di lanciare un minaccioso avvertimento, ma di tracciare una via per non restare schiavi del proprio livore.
E tuttavia, proprio il tentativo di distinguere tra la rabbia demolitrice di certi personaggi e quella costruttiva (almeno nelle intenzioni) di Haby, lascia aperta un’ambiguità: la sola differenza tra l’agire di quest’ultima e quello altrui sembra essere, nei fatti, il rifiuto di lei di rivalersi tramite la violenza. Ma per quanto disciplinato e organizzato in legittima protesta, il suo astio è pur sempre intatto; la sua impotenza cerca ugualmente risposta in un’esibizione di potere. Un potere che non sparge sangue, ma che innalza il rancore a metodo politico, come in uno stadio di guerra civile (più o meno) morbida, ma permanente.

Una storia inconcludente

A non esser d’aiuto nel diradare la nebbiosità di certi giudizi espressi dal film è anche un racconto poco rigoroso e consequenziale nell’esposizione: una disarticolazione narrativa cui il cinema francese, per sua storia, non è affatto estraneo. Ma se è pur vero che certe destrutturazioni hanno il beneficio – è il caso de I miserabili – di attingere ad ulteriori livelli di significato, di favorire la trasparenza di uno specifico contenuto, altre svelano la rinuncia o la disabitudine ad identificarne uno, col risultato di essere inconcludenti. Purtroppo, Gli indesiderabili sembra appartenere alla seconda specie, a detrimento, in particolare, della chiarezza nel profilare i due protagonisti (sindaco Forges incluso), il loro obiettivo, l’oggetto del loro contendere, la loro evoluzione.
Un vero peccato per un film che, chiaramente, non ambiva a restare una generica meditazione sul malessere sociale, ma sognava di fare la differenza. Una puntuale, operativa differenza.

Marco Maderna

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