Dopo anni di “onorato” servizio come killer per i servizi segreti, Henry Brogan ha deciso di andare in pensione, non solo perché teme di perdere la sua infallibilità, ma anche perché tutte le morti che ha provocato cominciano a pesargli sulla coscienza…soprattutto quando capisce che qualche volta i suoi datori di lavoro gli hanno mentito. Ma lasciare non è semplice e così Henry si trova alle costole un killer bravo quanto lui, un uomo a cui lo lega uno sconvolgente segreto.
Avvalendosi della stessa tecnologia digitale che ha consentito a Scorsese di ringiovanire i suoi personaggi in Irishman, Ang Lee “raddoppia” Will Smith in questo film d’azione stile Bourne che riserva in realtà poche sorprese.
Il killer in fuga dai suoi stessi superiori, il cattivissimo antagonista (un Clive Owen in verità abbastanza piatto), la bella agente che diventa spalla (ma senza andare oltre la tensione sentimentale, non si sa bene perché), sono topoi che Lee percorre con diligenza senza particolari guizzi.
La presenza di Will Smith in doppia versione è sicuramente ciò che salva la pellicola dal perdersi in un mare di film un po’ troppo simili, in cui le sequenze d’azione, per quanto ben coreografate, finiscono prima o poi comunque per risultare ripetitive.
Il dilemma di fondo (è giusto produrre soldati perfetti e senza paura – ma anche senza coscienza- per evitare la perdita di soldati “normali”? ) è tirato fuori ma mai approfondito, esattamente come non è approfondito il disagio dell’ex sicario, che ci mette pochissimo a rimettere mano al fucile.
Il film, comunque, si lascia guardare proprio per la simpatia umana che Smith riesce sempre a suscitare e per quell’accenno di riflessione sulla necessità di un padre che dia la barra alla coscienza del giovane nella direzione giusta.
Di sicuro non un tassello fondamentale né nella storia del cinema né nella filmografia di Lee, ma un film di intrattenimento onesto per gli amanti del genere.
Scegliere un film 2020
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