La piccola Mia è figlia del ricco armatore Vittorio Basile, ma la sua vita cambia bruscamente quando il padre viene ucciso e lei viene affidata ad una terribile matrigna.
Questo film d’animazione è sicuramente un prodotto italiano di qualità destinato a lasciare il segno. Candidato a sette David di Donatello, Gatta Cenerentola ha riscontrato anche un grande successo a Venezia, per la novità della realizzazione tecnica, il realismo dei personaggi e la profondità delle tematiche trattate, oltre ad essere stato in gara per le nomination agli Oscar.
Il genere, un misto tra noir e fantascienza, si incanala nel filone di animazione per adulti che ha già un buon successo nel mondo asiatico, ma da cui il film in parte si distanzia per le atmosfere realistiche e per la tridimensionalità del disegno.
La vicenda è ambientata a Napoli, precisamente nel porto dove è ancorata la Megaride, la nave dell’armatore Vittorio Basile, il padre di Mia. Tutto, dai caratteri dei personaggi al loro linguaggio, fa rivivere la poesia della città senza tempo. La nave inoltre rappresenta un perfetto incontro tra tradizione e tecnologia: è infatti attraverso ologrammi che i fantasmi del passato si ripropongono ai protagonisti della storia, in un fitto intreccio di esistenze, degli uomini che hanno vissuto in quel luogo e di quelli che ora vi soffrono, a partire dalla protagonista. Mia è la Gatta Cenerentola (così è ormai soprannominata da tutti), in quanto si aggira per i condotti della nave come un gatto. La matrigna è la bellissima Angelica che, promessa sposa dell’armatore Vittorio Basile, ha accettato di ucciderlo in forza di un amore violento con ‘O Re, un famoso malvivente coinvolto in affari loschi. Le sorellastre sono le sei figlie (cinque ragazze e un “femminiello”) di Angelica, diventate col tempo prostitute al servizio dei loschi affari della madre e di ‘O Re. Quando finalmente il momento del tanto atteso matrimonio tra Angelica e ‘O Re si sta per celebrare, la tragedia si consuma inesorabile: i cattivi vengono puniti e per i buoni si apre lo spiraglio di una speranza possibile.
Il film, con toni crudi e molto realistici (che giustificano forse lo scarso incasso al botteghino) riesce a riproporre la storia seicentesca in modo molto attuale, descrivendo in maniera mirabile soprattutto il dramma femminile di Angelica, divisa tra l’amore sincero dell’armatore per lei e la sua passione irrefrenabile per ‘O Re. Solo dopo aver sacrificato un’intera vita nel sogno di un amore pieno di violenza, si renderà conto della sua irrimediabile falsità, tentando a quel punto di salvare Mia, l’unico piccolo fiore di speranza sopravvissuto a tanto male.
Ilaria Giudici
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