Aldo, Giovanni e Giacomo si ritrovano ormai anziani in una sedicente casa di riposo travestita da Luna Park. Con un piede più di là che di qua, pieni di acciacchi e con qualche segnale di una demenza senile avviata, superati i primi momenti di estraneità, riscoprono in breve tempo la bellezza della loro amicizia, ancora solida e feconda nonostante il tempo passato. Di lì il miraggio condiviso della fuga: altro che giostrine, vecchi sdentati e imperiose infermiere made in Ucraina, meglio il sole, le spiagge e le floride brasiliane di Rio de Janeiro. Tra un equivoco e l’altro, che la rocambolesca fuga abbia inizio…
Non avranno più l’argento vivo addosso di un tempo, ma dopo vent’anni e oltre di sketch, spettacoli, film e intrattenimento di ogni genere, questo trio inossidabile ha ancora qualcosa da dire. Certo, non si ride più a crepapelle, e tra una scenetta e l’altra scappa pure qualche sbadiglio, ma la colpa più che altro è della sceneggiatura, che presenta più di un vuoto, e in alcuni punti è davvero esile e stiracchiata (lo stesso, comunque sia, vale per gli ultimi film, dai Babbi Natale al Ricco, Povero e Maggiordomo).
L’idea iniziale è buona. I presupposti per un buon prodotto, divertente e originale, ci sono: il trio di (più o meno) arzilli vecchietti, la location originale, la fuga, la meta… peccato che dopo più di mezz’ora la festa di Natale al Luna Park venga tirata un po’ troppo per le lunghe, e anche noi spettatori non vediamo l’ora di evadere con loro. È doveroso poi osservare che l’ambientazione, per quanto originale, è un’arma a doppio taglio; il finto luna park quasi subito trasmette un senso di decadenza, di precarietà, che in qualche modo ombreggia anche gli sketch più divertenti, per cui più che ridere si finisce per sorridere, con una sorta di amarezza in gola.
Silvana Fallisi, l’arcigna badante tuttofare, visibilmente attratta da Giovanni, tiene testa al terzetto che da soli bastano a prendere tutta la scena, ma per far questo è costantemente sopra le righe, e alla lunga stanca. Anche i continui riferimenti agli istinti sessuali repressi dei tre protagonisti (per quanto blandi) lasciano il tempo che trovano; non sono cioè assolutamente necessari a strappare qualche sorriso in più. E forse, nell’economia generale della storia, non sono poi così fondamentali nemmeno gli sketch tratti dal glorioso passato del trio, di cui la sceneggiatura in più di un punto si serve per tappare qualche buco, riproponendoli così come sono stati prelevati, quasi una sorta di “filmati Luce” a illustrare un tempo che non c’è più.
La verità è che il meglio di questo trio sta nella vivacità con cui ancora, dopo tutti questi anni, si trova a recitare insieme, improvvisando e continuando a divertirsi, e sorprendendosi ogni volta nel farlo, rendendo sempre più evidente che, per quanto giorni, mesi, decenni scorrano implacabilmente, l’oro di un’amicizia e di un’intesa senza tempo è duro a scrostarsi via.
Miriam Farabegoli
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