La numerosissima famiglia Madrigal è il centro di una piccola comunità: abitano in una casa incantata e ogni suo membro è dotato di un potere magico che mette al servizio degli altri. Tutti tranne Mirabel, che non ha mai ricevuto il suo “dono” e quotidianamente lotta per non sentirsi meno speciale degli altri. Fino al giorno in cui inizia a percepire un’oscura minaccia che incombe sulla magia della casa, ma di cui tutti gli altri sembrano ignari…
Sulla scia dei film Disney degli ultimi anni, Encanto non è l’adattamento di una fiaba preesistente, ma nasce da un’idea originale e trasporta gli spettatori fra le montagne della Colombia, in un’atmosfera a metà fra il realismo magico di Gabriel García Márquez e la caleidoscopica poesia di Coco (lo splendido film Pixar ambientato in Messico).
Anche Encanto è una storia che si svolge essenzialmente come un viaggio in profondità all’interno di una famiglia, quella dei Madrigal: famiglia unita, numerosa e variegata… oltre che magica, per rispettare quello che comunque rimane uno degli ingredienti fondamentali dei film Disney. Se infatti è vero che quasi tutta l’avventura si svolge fra le mura casa, è fin da subito evidente che la casa stessa è incantata e dotata di personalità, in grado di interagire con i suoi abitanti ed espandersi in stanze che si rivelano capaci di ospitare interi mondi. Ogni membro della famiglia, infatti, ha una camera adeguata al suo “dono”: c’è chi parla con gli animali e dorme in una jungla, chi fa sbocciare fiori al suo passaggio, chi solleva pesi immensi e chi riesce a curare qualsiasi malattia con i suoi manicaretti.
L’unica a non aver ricevuto un dono, e quindi una stanza, è proprio Mirabel, la protagonista, che nonostante il suo carattere solare ed ottimista non può fare a meno di domandarsi cosa ci sia di sbagliato in lei. Una sensazione di estraneità che diventa ancora più forte quando inizia a percepire una minaccia che incombe sulla magia della casa, ma di cui tutti gli altri membri della famiglia sembrano ignari…
Encanto diventa quindi una riflessione sull’eccezionalità dell’essere normali in un mondo in cui tutti hanno un superpotere che ne cristallizza la personalità su un singolo aspetto e ne predetermina il ruolo all’interno della gerarchia familiare, diventando quindi un limite apparentemente invalicabile. Proprio perché Mirabel non ha una stanza propria, è la più libera di esplorare la casa, conoscere i mondi dei suoi parenti e scoprirne le debolezze nascoste. Così come di indagare sui segreti che popolano il passato di ogni famiglia e che in questo caso riguardano una fuga da uno scontro armato e uno zio di cui non si può pronunciare il nome (We Don’t Talk About Bruno, fra le tante canzoni del film, è quella che è schizzata in vetta alle classifiche).
La mancanza del conflitto con un vero antagonista, che vada oltre il vago senso di minaccia sul futuro della casa e le normali incomprensioni familiari, è probabilmente l’elemento che rallenta il ritmo della seconda metà del film e conduce ad un finale piuttosto prevedibile.
Di Encanto restano memorabili soprattutto i brani musicali, firmati la Lin-Manuel Miranda (che si sta affermando come uno dei compositori più in vista di Hollywood) e le caratterizzazioni di alcuni personaggi, in un film che nel suo cast corale ha chiaramente voluto puntare molto sulla diversità etnica e sulla specificità culturale latino-americana (compresa la presenza di una chiesa e di un sacerdote cattolico, non usuale nei film Disney). Con ottimi risultati, a partire proprio dal tenero personaggio di Mirabel, un elogio all’imperfezione nel suo essere goffa e portare gli occhiali (prima fra le protagoniste Disney), ma capace di diventare quell’elemento di scompiglio e aggregazione che costituisce, di fatto, l’anima di tutta la casa.
Giulia Cavazza
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