William Cage, un maggiore dell’esercito americano esperto di comunicazione ma senza alcuna esperienza sul campo, è incastrato da un infido generale e mandato sul fronte a combattere corpo a corpo contro ferocissimi alieni che hanno invaso la terra. Senza alcun addestramento, il nostro viene immediatamente falcidiato dalle forze nemiche (in una spettacolare battaglia che dovrebbe essere la versione interplanetaria del D-Day), salvo risvegliarsi, sano e salvo, la mattina prima del combattimento, preso a calci da un sergente che lo invita a unirsi alle altre reclute. Sconvolto, Cage si rituffa nella mischia ma, ogni volta che è colpito a morte, si risveglia nello stesso identico istante del giorno precedente. Ogni giorno, va da sé, riesce a sopravvivere più a lungo e in maniera diversa ma questo non basta né a raccapezzarsi né a evitare la morte, giacché lo stesso giorno che Cage è condannato a ripetere in eterno è anche quello in cui gli alieni hanno definitivamente ragione dell’umanità intera. Le risposte, quasi tutte, sono in mano a una pluridecorata e tostissima eroina di guerra, l’unica a credere alla sua storia.
Tratto dal graphic novel All You Need Is Kill del fumettaro giapponese Hiroshi Sakurazaka, Edge of Tomorrowrivela in realtà il proprio debito cinematografico con il celebre “fantasy filosofico” Ricomincio da capo, memorabile commedia giocata sul paradosso temporale in cui resta incastrato un borioso anchorman televisivo, condannato a ripetere all’infinito la stessa giornata fino a comprendere che l’uscita dall’incubo doveva passare per una maturazione interiore. Al concept, già variamente ripreso negli anni da cinema, televisione e fumetti (si veda la recensione di Source Code su Scegliere un film 2011), arriva da buon ultimo, ma non per questo senza il solito sorriso sulle labbra, il prode Tom Cruise.
Edge of Tomorrow è innanzitutto un blockbuster citazionista, il cui meccanismo di riciclo del “già visto”, che gioca sulla riconoscibilità dei cliché e sulla memoria evocata da una caterva di citazioni cinematografiche, si rivela tra l’altro del tutto funzionale alla storia. L’uso della grammatica del genere e delle fonti pregresse è talmente sfacciato che, nel primo terzo del film, lo spettatore ha ragione di credere che tutta la vicenda si svolga all’interno di un videogioco e che il protagonista altro non sia che l’avatar di un giocatore, convinto (come Buzz Lightyear di Toy Story) di essere una persona reale (e qui la memoria del cinefilo cerca addentellati addirittura con Ralph Spaccatutto e Nirvana di Gabriele Salvatores). Possibile che, in maniera del tutto ovvia e prevedibile, i soldati siano sboccati, i sergenti carogne e i generali ottusi, come se ognuno dovesse obbedire a un ruolo già scritto? Poi, con l’entrata in scena dell’“Angelo di Verdun” (l’eroina interpretata da Emily Blunt), il film improvvisamente decolla, si sgancia dalla zavorra dell’incipit e trascina lo spettatore in un intreccio coinvolgente che dimostra di avere in serbo non solo qualche idea originale ma anche lo spunto per cui al malcapitato eroe, che di giorno in giorno acquista sicurezza e destrezza, è dato anche di crescere come uomo.
Più che sulle spalle di Cruise, che comunque non dispiace nelle vesti iniziali dell’imbranato e che rende credibile il suo arco di maturazione, il film poggia su quelle ben più robuste della magnetica Emily Blunt, perfettamente a suo agio in un ruolo che era facile far scadere nella maniera e che invece l’attrice riesce a rendere complesso e sfaccettato. Non bisogna aspettarsi altezze metafisiche da questo film (almeno non le stesse raggiunte da Ricomincio da capo, che fu inserito anni fa nel percorso di una mostra al MOMA di New York dedicata al concetto teologico di Deus Absconditus), che ha giustamente l’unico intento di divertire e che si gusta da cima a fondo, stuzzicando qua e là l’intelligenza dello spettatore.
Scegliere un film 2o14
Tag: 4 stelle, Azione, Fantascienza