Dopo lo sterminio della casa Atreides, gli Harkonnen riprendono il controllo del pianeta desertico Arrakis. Paul Atreides, ultimo discendente della casata e superstite insieme alla madre Lady Jessica, si nasconde tra gli indigeni Fremen cercando gli strumenti e l’occasione per la sua vendetta. Potrebbe proclamarsi loro come “Lisan al-Gaib”, il messia promesso che li libererà dall’oppressore. Ma Paul si rifiuta di farlo: nei suoi incubi premonitori, infatti, vede l’arrivo di una guerra santa e lo sterminio di miliardi di anime…
Il primo Dune diretto sempre da Villeneuve e distribuito nel 2021, aveva fatto molte mosse giuste. Oltre a un apparato tecnico encomiabile che gli è valso sei Oscar, quello in cui era particolarmente riuscito era stato rendere credibile ed epico un racconto politicamente complesso e che a tratti si arrischiava nel pacchiano; non a caso per queste stesse ragioni David Lynch aveva fallito nel suo tentativo di adattarlo per lo schermo nel 1984.
Quindi un ottimo adattamento, quello di Villeneuve; ma non per questo perfetto. Dune aveva in particolare due difetti che mettevano alla prova la pazienza del pubblico: le lunghe spiegazioni introduttive, e il suo protagonista. Sul primo punto gli sceneggiatori si erano pure impegnati, cercando di fornire tutti i dati utili per permettere agli spettatori di seguire la storia; eppure le informazioni erano spesso eccessive, e alle volte sarebbe stato meglio dare maggiori riferimenti visivi – forse sforbiciando qualcuna delle numerose esperienze allucinogene di Paul. I produttori avevano deciso di dividere il film in due parti. Eppure questa stessa idea aveva appesantito sul secondo versante: il suo protagonista. Il problema, infatti, era che per oltre metà del film Paul rimaneva un personaggio estremamente passivo. Vero attore delle vicende era suo padre, il Duca, il quale avrebbe vestito perfettamente i panni del protagonista per questa prima parte del racconto.
Ma arrivati a Dune – Parte due, sia il primo che il secondo problema sono stati risolti. Non solo il racconto evolve fluido, ma soprattutto Paul è ora vero attore delle vicende narrate, protagonista della sua avventura.
In particolare questo secondo capitolo si concentra sulla natura messianica di Paul Atreides, figlio maschio nato da una “strega” Bene Gesserit. Il popolo dei Fremen, gli indigeni del deserto di Arrakis, sono spezzati in due, tra gli scettici e gli zelanti che attendono Lisan Al-Gaib, il loro salvatore che riporterà l’acqua sul pianeta. La stessa frattura s’instaura in Paul, il quale ha già compiuto molti “segni” che dimostrano sia proprio lui quel salvatore, e le cui premonizioni altro non fanno che confermare i sospetti. Tuttavia Paul non vuole seguire quella strada, si oppone al destino, specie perché disegnato dalle manipolatrici Bene Gesserit come sua madre. Ma ciò che lo spaventa in particolar modo è che la via per la vittoria sembra essere pavimentata di morte e sofferenza.
È qui che s’instaura il conflitto principale di Paul e del film. Abbiamo conosciuto altri personaggi idealisti, profeti con il complesso del salvatore e accecati dal potere, come Anakin Skywalker in Star Wars e Daenerys Targaryen nel Trono di spade. Ma la sfida di Paul è diversa; Paul non vuole il potere, e rifiuta la chiamata perché sa che il prezzo da pagare è troppo alto. Ma il destino s’impone, e Paul, arrendevole, si trasforma in un eroe triste, un messia vittorioso eppure sconfitto nel cuore. Nello scroscio di applausi e fra le urla di giubilo, si delinea il cammino di sangue di fronte a Paul e i suoi amici; insieme alle solide premesse di una saga epica e tragica al contempo.
Alberto Bordin
Tag: 5 Stelle, adattamento da romanzo, Avventura, Fantascienza, grandi saghe