Per combattere i problemi della sovrappopolazione e dell’inquinamento uno scienziato norvegese inventa un metodo per miniaturizzare gli essere viventi, in modo che possano vivere in comunità ecosostenibili; una soluzione che nel giro di qualche hanno convince circa il 3% della popolazione ad accettare la procedura irreversibile, attirato anche dal fatto che nel “mondo piccolo” i soldi varranno molto di più. Anche Paul Safranek e la moglie Audrey si decidono al trasferimento, ma alla fine lei si tira indietro e così Paul resta solo nella sua nuova vita che in breve tempo sembra riproporgli le stesse frustrazioni di quella che ha lasciato… Almeno finché nella sua vita compaiono l’eccentrico vicino Dusan (che nel mondo piccolo fa lucrosi traffici di beni di lusso)e Ncoc Lan, una dissidente vietnamita che gli mostra le diseguaglianze che imperano anche nella nuova utopia miniaturizzata…
Non è certo un film perfetto quello di Alexander Payne, perennemente indeciso tra satira, commedia e dramma sociale, ma c’è qualcosa di profondamente vero nel personaggio che Matt Damon fa vivere con convinzione, un uomo buono, ma apparentemente quasi un fallito, ancora in cerca, però, di qualcosa in cui possa fare la differenza.
È questo, più della lusinga della ricchezza, a fargli scegliere la miniaturizzazione e sempre questo a far montare la sua delusione quando viene abbandonato dalla moglie e si trova nuovamente prigioniero di una vita mediocre, in cui gli altri sembrano facilmente compensare l’assenza di uno scopo con la moltiplicazione dei beni. La pellicola di Payne si prende il suo tempo per farci entrare nella vita triste di Paul, un uomo che sembra aver messo da parte i suoi sogni, ma non per questo dimostra meno premura prima verso la madre malata e poi verso la moglie, un uomo che cerca sempre qualcosa per cui entusiasmarsi in un mondo tutto sommato cinico, egoista e superficiale. L’andamento del racconto ondeggia tra la satira leggera di alcuni passaggi e la serierà che esprime la recitazione di Damon, ma rischia di perdersi un po’ nella descrizione del mondo lillipuziano in cui Paul si trasferisce, indeciso tra molti spunti di critica (al consumismo, all’ecologismo estremo, al catastrofismo…) .
È poi l’incontro fortuito con una dissidente vietnamita miniaturizzata per punizione dal suo governo e spedita in America nella scatola di un televisore (viaggio che le è quasi costato la vita e le ha fatto perdere una gamba dal ginocchio in giù) che cambia la vita di Paul, scuotendolo dall’apatia a cui sembra di nuovo rassegnato (a dimostrazione che non basta cambiare luoghi e circostanze per cambiare temperamento). È lei che lo trascina nei sobborghi dove si mostra il “prezzo” della vita dei privilegiati “piccoletti”, ma soprattutto è lei che sembra finalmente regalargli quello che Paul cerca davvero: uno scopo, qualcosa che dia significato alla sua vita. Prima di arrivare alla fine della storia ci sarà di mezzo una lunga parentesi nella patria della miniaturizzazione, la Norvegia, dove Paul rischia di perdersi dietro una nuova utopia.
Nonostante molte imperfezioni e qualche lentezza, il film di Payne ha un cuore che la recitazione di Damon esalta: la storia di un uomo normale capace di scegliere la vita (con il suo dolore e la sua miseria) invece della fuga dalla realtà.
Scegliere un film 2018
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