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Disco Boy


TITOLO ORIGINALE: Disco Boy
REGISTA: Giacomo Abbruzzese
SCENEGGIATORE: Giacomo Abbruzzese
PAESE: Italia, Francia, Belgio, Polonia
ANNO: 2023
DURATA: 91'
ATTORI: Franz Rogowski, Robert Więckiewicz, Morr Ndiaye e Laetitia Ky
SCENE SENSIBILI: alcune scene di violenza
1 vote, average: 4,00 out of 51 vote, average: 4,00 out of 51 vote, average: 4,00 out of 51 vote, average: 4,00 out of 51 vote, average: 4,00 out of 5

Aleksei è un giovane bielorusso in fuga dal suo passato, che, attraverso un difficile viaggio fra le frontiere, raggiunge Parigi, per arruolarsi nella Legione Straniera. L’addestramento è durissimo, ma lui è disposto a tutto pur di ottenere il passaporto francese. La sua prima missione è in Africa, dove Jomo, giovane leader rivoluzionario del Movimento per l’emancipazione del Delta del Niger, si batte contro le compagnie petrolifere che hanno devastato il suo villaggio. Fra le sequenze di una guerra sporca e ingiusta vista attraverso gli occhi dei due combattenti, dal cuore puro, affiora anche l’esperienza di Udoka, la sorella di Jomo, che sogna di fuggire in Europa, consapevole che ormai tutto sia perduto nel suo Paese. I destini dei tre protagonisti si intrecciano, al di là dei confini, della vita e della morte stessa.

Il coraggio italiano di raccontare la storia di un mondo che non ci appartiene

Il primo pregio di Giacomo Abbruzzese è il coraggio. Non era facile per il talentuoso regista tarantino esordire al lungometraggio, con la storia di Aleksei e di Yomo, due uomini ai confini del nostro mondo e lontani dal pubblico italiano, spesso vittima di un certo provincialismo. Alzi la mano chi sapeva che c’è ancora chi combatte nella Legione Straniera e chi cerca di difendere il Delta del Niger dalla rapacità neocoloniale delle potenze europee? Già quindi la volontà di mettere in comunicazione le realtà di questi due protagonisti così lontani fra loro e da noi è un intento tanto ardito quanto incandescente, perché accende l’attenzione su incendi che bruciano nella nostra quasi totale inconsapevolezza. Ma a ciò Disco Boy aggiunge il merito di essere un film anti-retorico e libero da un messaggio da assorbire passivamente. Abbruzzese scrive e gira un incontro fra due “eroi loro malgrado” che, senza conoscersi, senza sapere nulla dell’altro, combattono per cause diverse e contrappongono i loro corpi in una lotta, quasi corpo a corpo, che sembra poter concludersi solo con l’eliminazione dell’avversario. Eppure l’impressione finale è di aver assistito non certo ad un film bellico (anzi, la violenza è messa in scena in modo di per sé respingente), quanto ad un confronto fra culture che invece di dividersi si sono avvicinate. Ne è emblema il ballo ammaliante dell’artista e attivista ivoriana, Laetitia Ky, che da donna di un villaggio africano si trasforma in un’ipnotica sirena in discoteca. Disco Boy è un piccolo, grande film che ci costringe ad uscire dalla nostra abituale comfort zone e ci mette a contatto con l’altro, con tutta la fatica che questo comporta, ma non senza la gratificazione che riserva ogni sforzo di empatia con chi è diverso da noi.

Una forma essenziale ai contenuti e giustamente premiata

Unico film italiano presentato alla 73 Berlinale, Disco Boy ha un respiro autoriale, artistico e produttivo fortemente internazionale e anche per questo ha meritato l’Orso d’argento 2023 per il miglior contributo artistico alla direttrice della fotografia, Hélène Louvart. Una fotografia che per pregnanza e incisività, è pienamente protagonista insieme agli interpreti, frutto di scelte assolutamente non commerciali. Franz Rogowski/Aleksei mette in scena una fisicità prorompente, ma anche una recitazione a tratti enigmatici. Morr Ndiaye/Yomo, invece, fortemente voluto dal regista, è un giovane del Gambia che, dopo un passato di migrazione clandestina, esordisce sullo schermo, e ha nello sguardo un magnetismo che lo rende adattissimo al suo ruolo. Ma protagonista è anche la musica techno affidata al disc jockey Vitalic: un commento al racconto con elementi abissali, lirici e melanconici che portano verso la trance. Tutto, nella sofisticata forma di rappresentazione, immerge lo spettatore in un’esperienza fra lo psichedelico e lo sciamanico che conferma la preziosità di un film assolutamente unico nel panorama nazionale.

Giovanni M. Capetta

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