Estella è da sempre una bambina particolare: nata con i capelli per metà bianchi e metà neri, ha una sincerità a tratti crudele e una creatività dirompente che la madre, Catherine, fatica a contenere. Quando, a seguito di un evento sconvolgente, Estella si trova completamente sola nella grande Londra, l’incontro con Jasper e Horace, due ragazzini altrettanto soli che si arrabattano con dei furtarelli, le offre una chance di sopravvivenza. Estella cresce, relegando il più possibile la propria parte ribelle (che la madre chiamava affettuosamente “Crudelia”) e abbandonando i sogni da stilista, finché Jasper non riesce a procurarle un impiego presso i grandi magazzini Liberty, uno dei templi della nuova moda anni ’70. Qui Estella verrà presto notata dalla Baronessa, l’icona di stile e designer d’alta moda più talentuosa e ammirata della capitale. Ma questo incontro porterà la ragazza a scoprire delle verità del passato che la cambieranno per sempre…
Il successo di Maleficent (2014) ha aperto da tempo la strada a un possibile filone cinematografico incentrato sui “villains” della Disney e sulle loro storie personali. Inevitabile, dunque che, dopo Malefica, l’attenzione si spostasse su una delle cattive più leggendarie della storia dell’animazione: Crudelia De Mon. A interpretarla, una Emma Stone in grande spolvero che, tuttavia, riesce solo in parte a non far offuscare la propria performance da quella della vera cattiva della storia: la Baronessa Emma Thompson.
Il conflitto tra Crudelia e la Baronessa è senz’altro uno degli elementi più riusciti del film, che ne racconta bene le sfumature. Le due donne, man mano che si dipana l’intreccio, si temono e allo stesso tempo si stimano a vicenda; facendosi la guerra – senza esclusione di colpi – in un certo senso dimostrano di essere entrambe all’altezza del premio in palio: la consacrazione definitiva, essere considerata “la migliore”.
Il punto dolente, però, rimane l’approccio disneyano: la necessità di portare in sala un film adatto anche a un pubblico di bambini e adolescenti, l’attenzione costante a non urtare temi “sensibili” e a non incorrere nelle shitstorm create dai fanatici del politically correct finisce per fare di Crudelia una cattiva a metà. Il tentativo di tener vivo il sarcasmo e la forza dissacrante dell’originale è evidente, ma alla fine ci restituisce una Crudelia un po’ annacquata, e che incanala la sua follia, la sua totale stravaganza quasi esclusivamente nel campo creativo. Una scelta, quella degli autori, del tutto comprensibile considerando le esigenze di una multinazionale come Disney.
Quello che rimane è, comunque, un film godibile, ben interpretato e, soprattutto, girato con una cura eccezionale per i costumi, i trucchi e le acconciature (che, infatti, si sono portati a casa una statuetta e una candidatura agli Oscar 2022). Insomma, un bel banchetto per gli occhi.
Rachele Mocchetti
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