In una notte del 1211 Chiara, appena diciottenne, fugge dalla nobile casa paterna per unirsi a Francesco. La tonsura sugella la scelta di consacrarsi al Signore in povertà e castità. Nonostante l’opposizione della sua famiglia, Chiara non desiste e accetta di rifugiarsi in un monastero, prima di poter proseguire a dedicarsi interamente ai poveri. In poco tempo il suo carisma induce altre donne a seguirla, anche se le gerarchie ecclesiastiche nella persona del Cardinale Ugolino, poi Papa Gregorio IX, non paiono pronte ad accogliere la radicalità della sua vocazione. Solo alla fine il pontefice lascia intendere a Chiara che forse la sua Regola sarà approvata.
È interessante l’approccio con cui la regista e sceneggiatrice Susanna Nicchiarelli, con una formazione filosofica laica, si è accostata alla santa assisiate. Grande influenza hanno avuto sulla sua scrittura gli studi della nota storica Chiara Frugoni che, poco prima della scomparsa, è stata consulente del film, a lei dedicato. L’intenzione della cineasta romana (qui alla sua terza biografia femminile dopo Nico, 1988 del 2017, sulla cantante dei Velvet Underground, e Miss Marx del 2020), pare quella di rivolgersi ad un pubblico potenzialmente ampio, non solo di ispirazione cristiana. Il profilo di Chiara è tracciato come quello di una giovane donna, con un forte carisma e una determinazione non comune che la fa essere “avanti” rispetto al suo tempo e in cui lo spettatore contemporaneo può immedesimarsi. A ciò contribuisce l’intensità quasi magnetica di Margherita Mazzucco, già nota al pubblico per la fiction tv L’amica geniale. Nel buon cast si aggiungono Andrea Carpenzano, che dà a Francesco un volto inedito rispetto ai tanti già visti sullo schermo, Luigi Lo Cascio, Carlotta Natoli e Paola Tiziana Crociani. La sobrietà efficace – spesso di radice teatrale – in cui vengono visualizzati gli eventi miracolosi, la fotografia avvolgente, la cura per la lingua, nella convergenza fra latino e primo volgare, nonché la colonna sonora – che si avvale di esperti di musica medievale, ma non rinuncia ad una canzone finale pop – offrono, nel loro insieme un affresco dallo stile originale, lontano dall’agiografia didascalica.
Chiara non è un documentario e non si può cercare l’assoluta fedeltà al dettaglio storico. In merito, per esempio, alla clausura come imposizione (richiamata nel film) e non come scelta spontanea della giovane, il dibattito storiografico è ancora aperto. La golosità del Papa davanti a Chiara che digiuna, stigmatizza eccessivamente l’opulenza pur disdicevole delle gerarchie ecclesiastiche del tempo. Il rapporto con Francesco, qui di intimità, ma anche di contestazione, è descritto in modo ben diverso da molte fonti… «La storia di Chiara e Francesco è entusiasmante – ha dichiarato la regista – Riscoprire la dimensione politica, oltre che spirituale, della “radicalità” delle loro vite – la povertà; la scelta di condurre un’esistenza sempre dalla parte degli ultimi, ai margini di una società ingiusta; il sogno di una vita di comunità senza gerarchie e meccanismi di potere – significa riflettere sull’impatto che il francescanesimo ha avuto sul pensiero laico, interrogandosi con rispetto sul mistero della trascendenza». Un rilievo da muovere è proprio in merito all’aspetto trascendente, ovvero al rapporto verticale di Chiara con Dio, forse troppo sacrificato rispetto all’opzione preferenziale per i poveri senza visualizzare la fonte di questo amore, per esempio attraverso la dimensione della preghiera. Ciò detto, Chiara può offrire soprattutto ai giovani, un’occasione preziosa per avvicinarsi e magari emulare una donna di rilevanza sia storica, sia religiosa e questo probabilmente giustifica il favore di critica pressoché unanime che il film ha riscontrato.
Giovanni Capetta
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