Tommaso è un giovane operaio edile, capace e stimato, ma con una complicata storia famigliare alle spalle. Suo padre Renato gestisce da solo un ranch e un giorno si rompe un braccio cercando di addestrare Trevor, un cavallo appena arrivato, figlio di un campione ma apparentemente ingestibile. Di fronte all’ostinazione dell’uomo, Tommaso accetta di trasferirsi al ranch per aiutarlo a domare l’animale, preoccupato per l’incolumità del padre che vorrebbe rimettersi subito in sella, malconcio e dolorante.
La convivenza è difficile ma dopo una fase iniziale di tensione, che li porta anche a scontrarsi facendo riaffiorare tutto il rancore sepolto, i rapporti iniziano a distendersi quando il cavallo comincia a fare progressi e ad ammansirsi. Al punto che, con l’aiuto di una giovane addestratrice, padre e figlio arrivano ad iscrivere l’animale ad un importante concorso ippico. Purtroppo i risultati non sono quelli sperati ma in compenso, i nodi dei rapporti famigliari hanno cominciato a sciogliersi…
Terzo film da regista per Kim Rossi Stuart, che mette in scena un western moderno per concludere l’ideale trilogia aperta con Anche libero va bene e Tommaso (i nomi dei personaggi nei tre film infatti sono gli stessi).
Al centro della trama c’è la solita famiglia ormai dissolta – i due figli sono qui giovani adulti – devastata da anni di reciproche ritorsioni tra marito e moglie.
L’arrivo di Trevor, cavallo indomito e indomabile, e la scommessa di Renato con se stesso, fermamente deciso a farlo diventare un campione come suo padre, sono l’occasione che tutti hanno per fare i conti con gli errori del passato e rimettere insieme i cocci delle proprie esistenze.
Il cuore drammaturgico della storia però è il rapporto tra padre e figlio, accomunati dalla passione per i cavalli, che intraprendono insieme un viaggio difficile e commovente per ritrovare la bellezza e l’autenticità di antichi sentimenti che li hanno legati. È una parabola famigliare che racconta la storia di un uomo che, abbandonato da tutti, si trascina disperatamente sotto il peso dei suoi errori mentre cerca una redenzione che si illude di poter trovare da solo, nel suo ranch, con i suoi cavalli.
Nonostante l’altissima posta in gioco e la drammaticità della vicenda, il film è registicamente asciutto perchè racconta le emozioni dei personaggi e i loro drammi interiori, attraverso i dialoghi e la recitazione, senza indugiare su sentimentalismi pleonastici ne appesantire lo scorrere della narrazione che è coinvolgente e al tempo stesso porta a riflettere.
In conclusione, Brado è un film che si potrebbe definire polveroso, visivamente e nei contenuti, immerso nelle logiche orizzontali e se vogliamo meno nobili della realtà – racconta infatti l’egoismo più sfrenato, ambizione e vanagloria malcelate, un individualismo ferito ed esasperato – che d’altra parte valorizzano, per contrasto, intuizioni verticali decisamente ispirate. Date queste premesse, il film è onesto nello scandagliare tutta la drammatica durezza della vita, senza filtri ne iperboli, ma in conclusione lascia spazio ad una velata speranza – come ci viene suggerito dell’evoluzione finale dei personaggi, tutti bisognosi di una complicata guarigione affettiva – che anche da un disastro esistenziale possa rinascere in qualsiasi momento, e talvolta per vie inaspettate, qualcosa di buono.
Gabriele Cheli
Tag: 4 stelle, Drammatico, Film Italiani