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Ben Hur


TITOLO ORIGINALE: Ben Hur
REGISTA: Timur Bekmambetov
SCENEGGIATORE: Keith Clarke e John Ridley (dal romanzo di Lew Wallace)
PAESE: Usa
ANNO: 2016
DURATA: 125'
ATTORI: Jack Huston, Toby Kibbel, Morgan Freeman, Rodrigo Santoro, Ayelet Zurer.
SCENE SENSIBILI: scene di violenza.
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Giuda Ben Hur è un giovane principe giudeo cresciuto nel privilegio nonostante l’occupazione romana della sua terra, che causa frequenti rivolte tra la popolazione. Nella sua casa è cresciuto anche Messala Severo, un orfano romano, innamorato della sorella di Giuda, ma roso dall’ambizione. I due sono come fratelli ma il destino li divide: Messala fa carriera nell’esercito romano con l’aiuto di Ponzio Pilato, mentre Giuda finisce condannato a remare sulle galee imperiali dopo un’accusa di tradimento. L’occasione della vendetta arriverà con una gara di bighe nel circo di Gerusalemme…

Un adattamento da melodramma di bassa lega

Ultimo adattamento del celeberrimo romanzo di Lew Wallace, questo Ben Hur firmato dal regista russo Bekmambetov è l’ennesimo fallimentare tentativo di rinverdire i fasti hollywoodiani approfittando di un titolo noto (il romanzo è stato adattato almeno cinque volte, la più famosa la versione con Charlton Heston del 1959, vincitrice di 11 premi Oscar), rileggendolo in salsa moderna.
L’altrove più brillante Bekmambetov qui se la cava forse solo nella sequenza della battaglia navale; la corsa delle bighe è spettacolare nel modo in cui lo sono oggi le sequenze realizzate in CGI, assai meno di quella di cinquant’anni fa realizzata con meno effetti speciali e più sangue e sudore, probabilmente anche grazie al contributo di uno sconosciuto Sergio Leone.
Il punto debole – oltre a una sceneggiatura pasticciata che si perde in inutili invenzioni da melodramma di bassa lega (il romano Messala adottato dalla ricca famiglia ebrea di Ben Hur, ma in cerca di riscatto con l’esercito; un Gesù che per i pochi minuti in cui è in scena si perde in aforismi da guru new age, e viene preso di mira da Pilato perché promette alla gente un mondo d’amore) – è proprio il protagonista, Jack Huston, che manca totalmente di carisma.

Una piatta rivalità tra ragazzi

Meglio evitare i confronti con Heston e con il Gladiatore di Russell Crowe (a cui evidentemente in alcuni punti vorrebbe richiamarsi), ma neppure Morgan Freeman in treccine se la cava tanto bene con tutto il suo filosofeggiare.
La parabola del Ben Hur del romanzo era quella di un principe retto e nobile che subisce una condanna ingiusta, prova la violenza dei romani ma trova la via della salvezza salvando uno dei suoi carnefici e divenendone il figlio adottivo; quando va alla ricerca della vendetta scopre invece una prospettiva diversa nell’incontro con Gesù (in fondo il titolo originale dell’opera era completato da “a tale of the Christ”, un racconto su Cristo). Qui, al contrario, si instupidisce nella vicenda di un ragazzo ricco e viziato che blatera di pace e popolo ma sembra non avere alcun legame con la sua gente. Anche il rapporto tra Giuda e Messala (percorso nella versione premio Oscar da un filo di sottile ambiguità) qui è una piatta rivalità tra ragazzi in cerca di riconoscimento e affermazione.
Per non parlare dei personaggi femminili, sacrificati e piatti: la schiava Esther (lo struggente amore impossibile per il padrone, qui risolto con un matrimonio senza drammi) serve a introdurre una linea sul Messia che si conclude frettolosamente negli ultimi minuti del film e sembra aggiunta in modo spurio solo per far felici i produttori (che sono quelli di una fortunata serie televisiva Usa d’argomento biblico) e il pubblico faith based, che negli Stati Uniti è diventato un target interessante.

Un progetto mercenario della Hollywood odierna

Il pasticcio che ne viene fuori non ha neppure la grandezza e la coerenza delle grandi imprese fallimentari (come potrebbe essere considerato il recente Noah), ma solo l’aria raffazzonata e senza ispirazione dei progetti mercenari che infestano molta della Hollywood odierna.

Laura Cotta Ramosino

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