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A Real Pain


TITOLO ORIGINALE: A Real Pain
REGISTA: Jesse Eisenberg
SCENEGGIATORE: Jesse Eisenberg
PAESE: USA
ANNO: 2024
DURATA: 90'
ATTORI: Jesse Eisenberg, Kieran Culkin, Will Sharpe, Jennifer Grey, Kurt Egyiawan
SCENE SENSIBILI: Una sequenza di visita ad un lager; uso di droga; turpiloquio
1 vote, average: 2,00 out of 51 vote, average: 2,00 out of 51 vote, average: 2,00 out of 51 vote, average: 2,00 out of 51 vote, average: 2,00 out of 5

I cugini David e Benji Kaplan, ebrei americani, volano in Polonia per una visita guidata ai luoghi della Shoah, nonché terra natale della loro nonna. Se David ha un’attitudine sorvegliata e discreta, Benji è schietto e irriverente, ansioso di instaurare connessioni profonde. Non solo col cugino, ma con ogni partecipante al tour: perché quest’ultimo sia un sincero viaggio nel dolore, vorrebbe che ciascuno discendesse nel proprio. Ma la sua irruenza allarma David e indispone l’intero gruppo: per tutti, il vero viaggio sarà sopravvivere a Benji Kaplan.

 

Un abbinamento pretestuoso

«Un vero dolore»: questo il significato del titolo, da intendersi anche nel senso ironico di «una vera rottura di scatole». Il dolore di cui si tratta, infatti, non è soltanto quello della Shoah, ma quello che l’esasperante Benji infligge a chi lo circonda. Il che, a sua volta, è conseguenza del tormento che lo abita: difatti, Benji non fa che trarre spunto dalla fosca discesa negli inferi dello sterminio per mettere a tema il proprio malessere.

Stanti le sue parole, il suo continuo contestare la presunta superficialità della guida e dei compagni di tour vorrebbe richiamare a non ridurre tutto ad una (lugubre) gita turistica. O ad un cordoglio di maniera, che si accontenta di rivolgere qualche addolorato pensiero alle vittime, senza immedesimarsi in loro: un mero portarsi a casa il patentino di buona coscienza civica, anche al costo di essere ipocriti. In realtà, il suo vero messaggio è un altro: «Niente di quello che stiamo facendo può farci comprendere il vero dolore. Nessuno di voi sa cosa sia il vero dolore. Io sì».

Lamentarsi del tour è un mero pretesto. Nemmeno Benji sembra davvero interessato alla Shoah: il suo scopo è soltanto quello di attirare l’attenzione su di sé. Di per sé, il suo comportamento corrisponde ad un profilo umano contorto ma plausibile: il problema è che trascina con sé l’intera storia, facendola risultare essa stessa pretestuosa. Poco importa della visita ai luoghi della memoria: qui si tratta soltanto del riavvicinamento di due cugini, di far sì che si aiutino l’un l’altro a chiudere i propri drammatici conti in sospeso, specialmente per quanto riguarda Benji.

 

Nessuna storia

Il che, oltretutto, è evidente fin da subito: che Benji si porti appresso un’antica sofferenza non è affatto una sorpresa. Ne è consapevole lui stesso e lo deducono senza problemi anche gli altri: nessuna rivelazione, nessuna presa di coscienza, nessun cammino di maturazione. Sì, il rapporto tra Benji e David non sarà uguale a prima: ma era già tutto scritto. In parole povere, non c’è alcuna storia.

Film non-narrativi, cioè non interessati a raccontare il raggiungimento di una meta da parte di un dato personaggio (ivi incluso il suo percorso di crescita), esistono da tempo. Ma il loro scopo, che è perlopiù quello di offrire pura meditazione, è dichiarato. Al contrario, l’esordio di A Real Pain si predispone a riferire di un imprevedibile viaggio che potrebbe trasformare due cugini in veri fratelli… per poi non offrire una sola svolta degna di questo nome. Non restano che alcune utili considerazioni sul rischio di ridurre il ricordo dell’Olocausto a facile perbenismo; su come imparare a riconoscere, nell’intrattabilità di certe persone, la loro amara infelicità; sulla necessità di qualcuno con cui condividere sé stessi senza omissioni. Ma si tratta di riflessioni sparpagliate, che anche una storia – “storia” – totalmente differente avrebbe potuto ospitare.

In fin dei conti, A Real Pain si riduce a questo: Benji Kaplan vorrebbe gridare il suo dolore a qualcuno. Il cugino David prova a dargli ascolto. Fine.

 

Marco Maderna

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