Nel 1952 la sitcom Lucy ed io, al suo secondo anno, è un successo enorme. L’appuntamento inchioda al video 60 milioni di americani. Le sue sei stagioni faranno epoca. Per darne un’idea, durante il programma il consumo idrico nazionale cala, tante sono le casalinghe che, accesa la Tv, smettono di lavare i piatti. Lucille Ball, un’ex attrice cinematografica di secondo piano, è la star dello show. Con il marito, il cantante Desi Arnaz, esule cubano, dà vita al divertente ménage dei Ricardo, ambientato nel salotto della coppia. Coniugi nella vita, coniugi in scena. La loro avventura umana e professionale pare all’apice, ma rischia improvvisamente di finire quando, nella stessa settimana, la poco diplomatica, perfezionista Lucille si trova investita da una triplice prova: l’accusa di essere comunista, un gossip su Desi, la sua gravidanza. Nel dietro le quinte, tutti coloro che lavorano alla produzione della sitcom saranno coinvolti. La prossima puntata della serie potrebbe essere l’ultima.
Senza verità, la felicità è impossibile. È il messaggio di un film biografico molto nello stile del suo sceneggiatore e regista Aaron Sorkin: veloce, dialogatissimo, sofisticato. Intellettuale ma non privo di sentimento. La storia richiede al pubblico uno sforzo di attenzione per rimanere al passo delle schermaglie verbali, per coglierne i sottintesi. Il copione è però un pezzo di bravura, tanto è orchestrato attorno ad un tema unificante, quello del vero (nei rapporti, nell’invenzione artistica, nei sogni che ci animano). Aggiungendo un bel capitolo di cinema alla riflessione, molto teatrale, sul rapporto che lega persona e personaggio, autore (anche attore in questo caso) e creazione scenica.
Nella realtà, i fronti critici apertisi nell’esistenza della Ball non risalgono ad una stessa settimana. Si verificarono in tempi diversi, lungo due anni. Con decisioni nette sul materiale biografico di partenza, dunque, Sorkin costruisce una struttura narrativa che mette la protagonista sotto pressione, pressione acuita dalla scadenza della puntata da preparare. Contando su questa intelaiatura tesa – resa tambureggiante anche dal montaggio serrato e dalla colonna sonora che ampiamente si avvale, appunto, delle percussioni – i numerosi, più tradizionali flashback allargano il quadro sulla vicenda della protagonista. Apprendiamo che Lucille ha conosciuto Desi quando lui è sulla cresta dell’onda e lei, accontentandosi ormai di partecipazioni a B movies, vorrebbe una famiglia e una “casa”. Vediamo che è lui a riconoscerne il talento, la comicità fisica, e a darle il la verso un’ascesa che, fallito il passaggio al grande cinema, ripiega sulla radio prima di trionfare in Tv. Siamo testimoni dei momenti di rivalità tra i due, e di velata gelosia di lui quando lei gli fa ombra. Quello che ci viene raccontato è però soprattutto il grande amore tra due caratteri forti. Le spinte divisive che contrappongono vita privata e vita professionale lo risparmiano a lungo. Ma le cose stanno cambiando.
In America negli anni Cinquanta essere comunisti significa cospirare con il nemico. Il mondo dello spettacolo è passato al vaglio della Commissione per le attività antiamericane. Quanto ai contenuti televisivi, non si può raccontare una donna incinta (nemmeno si può usare questo termine) per non evocare il tabù dell’atto all’origine di questa condizione. Il tema della verità è in gioco in entrambi i casi. Lucy ammette di essersi iscritta da giovanissima al partito barrando la casella di un modulo perché l’amato nonno glielo chiedeva. Tutto si esaurisce lì. Non ha, però – e ci tiene al dato di fatto – messo la x per errore. Riguardo invece il bimbo in arrivo, Lucy ed io farà un passo nei confronti del mondo vero, affrontando la gravidanza, idea che Desi difende davanti ai responsabili della CBS e della Philip Morris, azienda sponsor del programma. Il vero, anche se non solo questo, è poi ancora in gioco quando Lucille si batte perché nei titoli di testa venga riconosciuto il contributo, autentico, del marito al successo del programma. Pure la scena della puntata su cui gli autori così tanto divergono con Lucille ha a che fare con la verità (di un atteggiamento di Lucy cui Desi dovrebbe credere). Senza contare le preoccupazioni dei diversi attori della produzione, che amerebbero i loro personaggi più simili a come piacerebbe loro essere nella vita (più magri, più intelligenti, più giovani).
Showrunner di serie sulla Tv (Sport Nights, Studio 60 on the Sunset Strip, The Newsroom), Sorkin circonda la volitiva, saccente, in fondo sensibile Lucille di una famiglia di colleghi composta dal cast della sua sitcom. Vi si litiga, ma ci si vuole bene. Uno squarcio interessante sul lavoro nello showbusiness.
Dove davvero brilla il talento dello sceneggiatore è nella battuta di Desi che nel finale colpisce Lucille. L’istante si impone a sorpresa e segna il vertice della storia. Ne compendia il senso, facendo venire al pettine i nodi del dramma della protagonista. La verità che fa breccia nella favola.
Paolo Braga
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