In un futuro non molto lontano, il genere femminile è stato quasi completamente sterminato da un virus misterioso e micidiale. Tra le poche, pochissime, sopravvissute c’è anche Rag, una ragazzina di undici anni in viaggio insieme al padre attraverso le lande innevate e disabitate degli Stati Uniti, alla ricerca di un luogo dove anche lei possa vivere al sicuro. Rag infatti è costretta a viaggiare in incognito: le donne, qualsiasi età esse abbiano, sono una rarità e in giro ci sono persone disposte a tutto pur di metter le mani su una di loro…
Nel suo primo lungometraggio da regista (dopo aver diretto un mockumentary sulla vita di Joaquine Phoenix) Casey Affleck sceglie il genere fantascientifico per raccontare una storia famigliare e introspettiva che sacrifica il plot e la tensione sull’altare delle emozioni. In uno scenario apocalittico praticamente contemporaneo, va in scena l’incubo del virus che ha decimato la popolazione mondiale ma si capisce che è solo un pretesto per raccontare una storia che parla di solitudine e indagare sulla bellezza e la complessità delle relazioni umane.
Nello specifico, il cuore del racconto è il rapporto tra questo giovane vedovo, che combatte con le sue insicurezze e il suo senso di inadeguatezza, e la figlia pre adolescente, intelligentissima e per certi aspetti anche più matura e sicura di sè, ma in cerca della propria femminilità. Per colmare questo vuoto, per tutto il viaggio cerca avidamente conferme e risposte nei racconti del padre, che le svela a poco a poco la figura di quella madre che lei non ha conosciuto e che lui, probabilmente, ha un po’ idealizzato (anche da qui deriva il suo complesso rispetto alla sua missione paterna).
Il viaggio è anche un percorso interiore in cui, grazie a dialoghi dilatati ma decisamene profondi, emergono tutte le fragilità e le spigolosità dei personaggi, esplorando le difficoltà di comunicazione tra due mondi così diversi, seppure fisicamente così vicini e inevitabilmente, date le circostanze, simbiotici. Il legame tra i due infatti è talmente stretto e viscerale, che il loro percorso di cambiamento è praticamente speculare anche perchè, come già accennato, entrambi devono acquisire una nuova consapevolezza sulla propria identità: lui è un uomo senza nome, senza terra e senza lavoro, lei una ragazzina che deve ancora diventare donna ma non ha figure femminili di riferimento ed è costretta a portare nome, vestiti e taglio di capelli da maschio. Entrambi lottano per gridare chi sono al mondo ma soprattutto l’uno rispetto all’altro, prima interiormente poi, proprio nel climax del film, anche esteriormente.
Anche il cambiamento infatti arriva per entrambi nello stesso momento proprio quando, dopo una scena di violenza tanto efferata quanto inattesa (il livello della tensione, a dispetto del genere e del contesto da far west in cui si svolgono i fatti, è sempre dosato al minimo), che sorprende e se vogliamo, stordisce lo spettatore. È il momento in cui questo giovane padre si ritrova con le spalle al muro e, non potendo più scappare, è costretto per la prima volta ad affrontare la materializzazione delle sue paure.
L’evento sembra preludere ad un finale drammatico ma in realtà è la scintilla che porta ad una evoluzione per entrambi i protagonisti: lui, da vero padre, arriva quasi a dare la vita per la figlia, che d’altra parte, finalmente libera dalle ansie e le opprimenti premure paterne (grazie alle circostanze), ha finalmente l’occasione per esibire il suo lato materno, prendendosi cura del padre e lenendo quelle ferite che, si capisce, non sono solo fisiche.
Scegliere un film 2020
Tag: 4 stelle, Apocalittico, Drammatico