Quattro sconosciuti si ritrovano nella notte di Capodanno sul tetto di uno dei più alti grattacieli di Londra con l’intenzione di suicidarsi, ciascuno per motivi diversi. La reciproca presenza inibisce tutti e quattro e insieme decidono di fare un patto: nessuno si suiciderà fino al giorno di San Valentino, quando si ritroveranno, sullo stesso tetto, per fare un bilancio delle loro vite fino a quel momento.
Tratto dal romanzo di Nick Hornby, Non buttiamoci giù – il cui titolo in italiano può alludere sia al desiderio di non abbattersi di morale, ma di ritrovare la voglia di vivere, sia al gesto fisico concreto di non gettarsi giù dal grattacielo – è un adattamento cinematografico poco riuscito e molto confuso. Hornby è abituato a essere saccheggiato dal cinema (Alta Fedeltà, Febbre a 90°, About a Boy, E’ nata una star?) ma questa volta i personaggi perdono spessore e credibilità rispetto al romanzo di partenza.
Non buttiamoci giù è narrato a capitoli: ogni capitolo ha la voce fuori campo di un personaggio, che racconta la storia dal proprio punto di vista. Martin Sharp è un ex conduttore televisivo caduto in disgrazia dopo essere stato sorpreso con una minorenne; Maureen è una mamma single e poco appariscente che vive il dramma della malattia del figlio, gravemente handicappato; J.J. è un musicista fallito e insicuro, mentre Jessie è la figlia infelice di un politico e soffre per un terribile mistero famigliare: la scomparsa nel nulla della sorella, di cui si è persa ogni traccia.
Una volta fatta la reciproca conoscenza, i quattro abbandonano momentaneamente i propositi suicidi e si ritrovano, quasi per caso, l’uno nella vita dell’altro. Decidono di offrire la loro curiosa storia in pasto ai media, per guadagnarci qualche soldo e un po’ di visibilità, ma questo comporta anche una pesante invasione nel loro privato, che li costringe a “cambiare aria” per un po’ e a partire per una vacanza tutti insieme. L’amicizia che stringono, quasi inconsapevolmente e nonostante le loro diversità, dà loro la spinta di riprendere in mano le proprie vite. L’espediente finale che li costringe a guardare in faccia la realtà e a interrogarsi in modo più profondo su se stessi è l’aggravamento improvviso del figlio di Maureen. Martin e Jesse si precipitano in ospedale per sostenere la loro nuova amica e tutti insieme riescono a far desistere J.J. da suo folle desiderio suicida (che allo spettatore appare immotivato e quindi poco credibile).
Il problema maggiore di questo adattamento è il tono. Nonostante il tema serio, il genere scelto è la commedia, ma non è semplice raccontare in modo ironico il suicidio, senza correre il rischio di essere superficiali. I personaggi non appaiono mai davvero disperati e sono, anzi, privi di tragicità. Non si capisce che cosa dovrebbe tenerli uniti e spingerli a cercarsi. I momenti che condividono insieme, perciò, appaiono il più delle volte molto forzati.
Le battute comiche sul suicidio hanno un effetto straniante e grottesco e l’esasperata alternanza di toni confonde lo spettatore, perché non si capisce mai quale piega voglia prendere il film. L’uso di un’ironia più sottile e calibrata avrebbe potuto giovare all’intera pellicola, che invece non riesce a trovare lo humour giusto e si perde nel genere della commedia, pur non appartenendovi per contenuto.
Purtroppo, al di là dei bravi attori (come Aaron Paul, noto soprattutto per la serie televisiva Breaking Bad) e di un buon regista come Pascal Chaumeil, ci vuole ben altro per realizzare un adattamento cinematografico riuscito.
Scegliere un film 2014
Tag: 2 Stelle, Commedia, Drammatico