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Il ragazzo dai pantaloni rosa


TITOLO ORIGINALE: Il ragazzo dai pantaloni rosa
REGISTA: Margherita Ferri
SCENEGGIATORE: Roberto Proia
PAESE: Italia
ANNO: 2024
DURATA: 121'
ATTORI: Samuele Carrino, Claudia Pandolfi, Sara Ciocca e Corrado Fortuna
SCENE SENSIBILI: un paio di scene di bullismo/violenza
1 vote, average: 4,00 out of 51 vote, average: 4,00 out of 51 vote, average: 4,00 out of 51 vote, average: 4,00 out of 51 vote, average: 4,00 out of 5

Andrea frequenta le scuole medie ed è un bambino sereno e pieno di entusiasmo per la vita, nonostante il rapporto complicato tra i suoi genitori. Un giorno viene selezionato per iscriversi con una borsa di studio ad un prestigioso istituto scolastico di Roma, diventando così membro di un coro di voci bianche con cui si esibisce anche per il Papa. Nella nuova scuola Andrea conosce Sara, una ragazza tutta pepe che condivide con lui la passione per il cinema e che diventa fin da subito la sua migliore amica, e soprattutto Christian, un ragazzo da cui si sente in qualche modo attratto e con cui desidera fare amicizia. Il rapporto tra i due però si rivela presto sbagliato, sbilanciato, perché l’altro, che è molto più affermato di lui nelle amicizie e nello sport, lo cerca solo quando ha bisogno per i compiti o anche solo per sottometterlo e sentirsi importante. I due si ritrovano anche al liceo dove, un giorno, Andrea si presenta indossando un paio di pantaloni rosa. Inizia così un’escalation di piccole e grandi umiliazioni per il povero ragazzino, fino al punto di non ritorno…

Questione di colori

Sono passati più di dieci anni (forse la minima distanza per raccontare una storia del genere con la giusta lucidità?) da quando si sono svolti i fatti narrati dal film che è liberamente ispirato al libro di Teresa Manet, la madre del giovane Andrea Spezzacatena, protagonista e vittima nella triste vicenda che lo ha visto morire suicida ad appena quindici anni, proprio pochi giorni dopo il suo compleanno, come conseguenza di una serie di reiterati atti di bullismo e cyber bullismo perpetrati contro la sua persona da parte dei suoi compagni di scuola.
Il pretesto dei pantaloni rossi diventati rosa in seguito ad un lavaggio sbagliato risulta essere solo il fattore scatenante, o forse un elemento simbolico un po’ fuorviante, a dirla tutta, rispetto alla complessità di quanto accaduto, perché non centra il vero fuoco del problema. Il tema dell’omofobia (che può implicitamente essere associato al colore dei pantaloni) è infatti presente ma solo sfiorato nel film che più che altro sembra voler essere un inno alla bellezza e anche alla complessità della vita, soprattutto quando sei appena un adolescente ed ogni piccolo evento o problema può apparire emotivamente come una montagna insormontabile.

Che bella la vita

Non che quello che è capitato al povero Andrea non sia davvero molto serio e terribile, ma bisogna anche dire che nel film (come forse era anche nelle intenzioni della madre, a detta di lei stessa, quando ha scritto il libro) l’angosciante drammaticità del fatto di cronaca è in contrasto con la spensieratezza del ragazzo – promessa nel trailer e poi raccontata durante tutto il film (fino alla svolta iper drammatica nell’ultimo atto) – e anche con la “confezione” un po’ pop e decisamente giovanile del film, che nel gioco dei generi potremmo definire un teen movie, un racconto di formazione dai contenuti positivi e a tratti anche “leggeri”.
La sceneggiatura e la regia sono comunque molto emotive e profonde nel raccontare con grande sensibilità e tenerezza il dramma di una vita spezzata (anche con l’aiuto della colonna sonora), sottolineando fin dalle primissime scene l’importanza del dono che è esistere ed essere vivi. La voice over direttamente dall’aldilà che accompagna e commenta tutto il percorso del protagonista, ci lascia intravedere la personalità di un ragazzo praticamente perfetto, sotto tanti aspetti, ma con seri problemi di comunicazione nell’esternare il proprio disagio rispetto agli eventi negativi della vita (anche la separazione dei genitori apparentemente non sembra scalfire la sua tranquillità di facciata).

Un quadro sconcertante

C’è purtroppo da osservare che dal quadro complessivo il mondo giovanile ne esce davvero male e anche l’umanità esibita in alcuni momenti da alcuni ragazzi, tentativo da parte degli autori di dare verità e tridimensionalità ai personaggi secondari, alleati e antagonisti al tempo stesso, si rivela priva di consistenza e alla fine non si salva praticamente nessuno. Ottenere un esito diverso sarebbe stato però difficile perché la storia è davvero brutta e triste, e il male che è stato causato a questo ragazzo e alla sua famiglia è presumibilmente più grande della cattiveria delle singole persone che molto probabilmente, prese una ad una, nemmeno all’epoca dei fatti sarebbero state in fondo così malvagie.
Oltre a questo, un altro appunto che si potrebbe fare è che nonostante la voce del protagonista-narratore in sottofondo, il film non approfondisce più di tanto le dinamiche e i cortocircuiti psicologici (cosa forse inevitabile, anche perché il ragazzo non ha lasciato spiegazioni scritte del suo dolore) ma si concentra di più sulle cause e le conseguenze esteriori che hanno portato ad una scelta così estrema e terribile: la cattiveria collettiva che supera quella dei singoli, la difficoltà nel trovare amici veri, la complessità e la pericolosità dei moderni canali comunicativi al tempo dei social networks.

Gabriele Cheli

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