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Non dirmi che hai paura


TITOLO ORIGINALE: Samia: Little Dreamer
REGISTA: Yasemin Şamdereli, con la collaborazione di Deka Mohamed Osman
SCENEGGIATORE: Yasemin Şamdereli, Nesrin Şamdereli e Giuseppe Catozzella
PAESE: Italia, Germania, Belgio
ANNO: 2024
DURATA: 102'
ATTORI: Ilham Mohamed Osman, Fathia Mohamed Absie, Elmi Rashid Elmi, Kaltuma Mohamed Abdi, Waris Dirie e Riyan Roble
SCENE SENSIBILI: Nessuno
1 vote, average: 3,00 out of 51 vote, average: 3,00 out of 51 vote, average: 3,00 out of 51 vote, average: 3,00 out of 51 vote, average: 3,00 out of 5

La vera storia di Samia Yusuf Omar che, nata a Mogadiscio nel 1991, durante la guerra civile, ha la corsa nel sangue. Complice Alì, suo coetaneo disposto ad allenarla anche di nascosto, Samia vince gara su gara fino ad approdare ad una batteria dei 200 metri alle Olimpiadi di Pechino nel 2008. Rientrata in patria, l’ostilità fondamentalista delle autorità locali per aver gareggiato senza velo la induce a cercare di espatriare in Italia, tramite un estenuante e pericolosissimo viaggio verso il Mediterraneo.

Una corsa coraggiosa contro la violenza e la discriminazione

A dieci anni di distanza dall’omonimo romanzo di Giuseppe Catozzella, premio Strega Giovani nel 2014 (un caso editoriale da 500 mila copie in Italia e 800 mila copie nel mondo), la trasposizione cinematografica della storia di Samia ha una sobrietà scarna che richiede al pubblico un certo impegno per l’immedesimazione con la fatica, la frustrazione, ma anche il coraggio della protagonista, capace di vincere con le gare di corsa le resistenze del fondamentalismo religioso che vorrebbe impedirle di esercitare appieno il suo talento di atleta e la sua libertà di donna. Durante l’avventuroso tentativo di raggiungere il Mediterraneo, Samia offre allo spettatore una successione non diacronica dei suoi ricordi. Larga parte è dedicata ad un’infanzia che la protagonista vive alimentando il sogno di diventare “la più veloce del mondo”. Al suo fianco vi è un cugino, coetaneo, che, dopo aver superato un’iniziale rivalità, diviene il suo inseparabile allenatore. Lo sguardo di tenerezza con cui vengono descritti i due bambini fino a diventare adolescenti è uno dei tratti più convincenti del racconto, insieme allo scandaglio delle altre relazioni famigliari, con la madre, i fratelli maggiori e soprattutto il padre. È di costui la frase che dà il titolo al film, un uomo buono e saggio che non smette di incoraggiare la figlia.
Vittima di un’esplosione che lo costringe all’amputazione di una gamba, prima di morire a seguito di un altro bombardamento, il padre di Samia è consapevole dei rischi che la ragazza potrà incontrare, ma è deciso a non tarparle le ali. È anche grazie a questo amore che Samia raggiunge l’impensabile traguardo delle Olimpiadi.

Un realismo fin troppo austero e a tratti ripetitivo

Corredata di immagini di repertorio che ricordano allo spettatore la drammatica veridicità dei fatti, la narrazione delle peripezie di Samia risulta a tratti un poco ripetitiva. Le riprese della protagonista che corre, anche quelle delle sue stesse gambe che macinano metri su metri, mentre lei diventa grande, si ripresentano senza che da una volta con l’altra si percepisca un crescendo emotivo. La realtà avversa che Samia cerca di oltrepassare, torna ogni volta uguale a se stessa, come lo scalcinato portone della sua baracca. Samia continua ad uscire da quel portone e appena può corre senza il velo; corre anche sola e disperata nel deserto libico cercando di sfuggire ai trafficanti di uomini, quando la possibilità di salvarsi è ormai flebilissima.
Merita apprezzamento la recitazione di Riyan Roble, la bambina che impersona Samia da piccola con un’espressività non comune. Notevole anche l’intensità di Ilham Mohamed Osman che presta il volto a Samia giovane adulta.
Non dirmi che hai paura è un film onesto ed istruttivo che trasmette valori positivi in piena adesione ai canoni del genere a cui appartiene, ma dal punto di vista estetico subisce il confronto con altre opere che lo hanno preceduto, su tutte Io capitano con cui condivide l’ambientazione della fuga migratoria dall’Africa. A differenza del film di Matteo Garrone, la storia di Samia, pur senza particolari errori, non raggiunge quella alchimia magica fra tutti gli elementi che è solo del grande cinema, capace di imprimersi nella memoria con un’immediatezza universale.

Giovanni M. Capetta

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