SCEGLIERE UN FILM

La storia di Soulemayne


TITOLO ORIGINALE: L'Histoire de Souleymane
REGISTA: Boris Lojkine
SCENEGGIATORE: Boris Lojkine e Delphine Agut
PAESE: Francia
ANNO: 2024
DURATA: 93'
ATTORI: Abou Sangare, Alpha Oumar, Nina Meurisse e Emmanuel Yovanie
SCENE SENSIBILI: nessuna
1 vote, average: 5,00 out of 51 vote, average: 5,00 out of 51 vote, average: 5,00 out of 51 vote, average: 5,00 out of 51 vote, average: 5,00 out of 5

Souleymane è un giovane immigrato guineano che lavora abusivamente come rider a Parigi, utilizzando un falso profilo su un’applicazione di consegne a domicilio. Nel frattempo, tra qualche litigio e persino un incidente stradale, il ragazzo ha due giorni per prepararsi ad un importante colloquio con l’ufficio immigrazione: dovrà infatti riuscire a convincerli, raccontando una storia inventata ad arte, di essere stato membro di un partito d’opposizione in nuova Guinea ed avere quindi i requisiti per ottenere, in quanto rifugiato, l’asilo politico in Francia. Riuscirà a ricordare tutti i dettagli della fantasiosa ricostruzione dei fatti?

Diversi punti di vista

Il film, presentato a Cannes nella sezione Un Certain regard – ricevendo il premio della giuria e quello per la migliore interpretazione maschile al giovane protagonista – aggiunge un altro tassello ad un ideale percorso artistico con cui Boris Lojikin ha esplorato da diversi punti di vista il tema dell’immigrazione. Con i precedenti due lungometraggi infatti, il regista ha raccontato dapprima le drammatiche condizioni del “viaggio della speranza” – in Hope (2014), appunto, la storia d’amore tra due migranti in mezzo al Sahara – e poi le cause che spingono molte di queste persone a partire verso l’Europa – in Camille (2019), la storia vera di una fotoreporter francese che coraggiosamente è andata a raccontare la guerra civile nella Repubblica Centrafricana.
In questo terzo film invece il fuoco si sposta sulle conseguenze del flusso migratorio, mettendo in scena le problematiche e le difficoltà che alcuni (molti? pochi?) immigrati come Souleymane, sono costretti ad affrontare e a subire, una volta qui da noi, in Europa.

Una storia esemplare

Sono passati degli anni da quando abbiamo iniziato a vedere film di questo tipo ma il tema conserva intatta tutta la sua attualità anche da noi in Italia dove non troppo tempo fa abbiamo potuto apprezzare, fra gli altri, il toccante Terraferma (di Crialese) e, più recentemente Io capitano (di Garrone) che per argomento, periodo di uscita e riconoscimenti ottenuti (anche in quel caso, l’attore protagonista è stato premiato a Venezia) ha fatto un percorso “analogo” a La storia di Souleymane. In questo film, la questione dei migranti viene portata in scena tramite la storia inventata ma verosimile di un ragazzo come ce ne saranno tanti, un moderno Pinocchio che attraverso le sue “normalissime” avventure nello straordinario mondo di una società iper civilizzata, fredda e in continuo movimento, cerca di diventare un ragazzo “vero”, imparando a vivere rispettando le regole ed evitando le piccole grandi bugie della vita di tutti i giorni.
La semplicità della trama – che richiama all’essenzialità delle cose che contano veramente e che spesso diamo per scontate – è sottolineata dalla regia asciutta, che si serve soprattutto della macchina a mano per incollarsi al protagonista, seguendolo a bordo della sua bici e poi anche a piedi, tra i marciapiedi e il traffico di Parigi.

Gli invisibili

Ciò che al regista premeva raccontare è, a sua detta, il popolo degli “invisibili”, un’umanità a cui appartiene anche il giovane protagonista, che deve districarsi tra amici veri e falsi, intrappolato tra i soprusi di chi approfitta della sua posizione di indifeso e indifendibile, in quanto irregolare, e l’apparente indifferenza della società occidentale che nonostante tutto, continua ad andare avanti secondo le sue logiche e i suoi ritmi.
Nello specifico della trama, colpisce positivamente il grande cuore del protagonista, diviso tra due poli: da una parte la sua nobiltà d’animo – encomiabile per la fede (in Dio e nella vita) e l’amore (purissimo, per una ragazza in Africa) – dall’altra il suo non proprio irreprensibile comportamento che per la lotta quotidiana per la sopravvivenza lo vede cedere, ingenuamente, ad ogni tipo di compromesso ed escamotage (anche contro i suoi stessi interessi, in realtà, perché ingannato da chi avrebbe la sua fiducia).
Concludendo, il film fila via bene, lineare ma coinvolgente, senza orpelli ne facili pietismi, fino al finale sospeso in cui ci risparmia la promessa moralistica (e forse non troppo realistica) per cui alla fine la verità paga sempre, ma lasciando d’altra parte intendere che la vera vittoria è aprire il proprio cuore e credere, in fin dei conti, nella bontà delle persone e del mondo.

Gabriele Cheli

Tag: , , ,