Nuove grane per l’ex agente federale e ora mercenario Machete Cortez, reclutato personalmente dal Presidente degli Stati Uniti per sgominare un supercriminale che ricatta gli Stati Uniti con un missile puntato su Washington. Traditori, sbirri corrotti, scherani ottusi e cacciatori di taglie riescono solo a rallentare la marcia inarrestabile dell’eroe verso la carneficina finale.
C’è solo una categoria peggiore di quella dei cattivi maestri: quella dei pessimi epigoni. Il messicano Robert Rodriguez, amico e adepto di Quentin Tarantino, ha preso dal mentore l’irriverenza, il gusto di usare il cinema come un giocattolo e la nostalgia per i film d’exploitation – genere defilato rispetto ai circuiti mainstream, che negli anni Settanta mandava in sollucchero chi sul grande schermo voleva vedere soprattutto scene di sesso e di violenza. Di Tarantino, però, Rodriguez non ha mai posseduto né l’intelligenza, né il talento visivo, né l’abilità di scrittura, né lo stile. Quello che rimane, quindi, in questo come nella maggior parte delle sue opere, è quasi tutto da buttare via.
La saga di Machete, eroe che più duro non si può impersonato da un non attore (perfetto per il ruolo proprio per la sua imperturbabilità), è nata da uno scherzo, un finto trailer mandato nei cinema prima del dittico Grindhouse, firmato a quattro mani da Tarantino e Rodriguez in un dimenticabile omaggio a quel sottogenere di cui dicevamo. Niente che non si situi sull’ascissa del sesso o sull’ordinata della violenza, quindi, entra a far parte di questa storia, volutamente parossistica in ogni suo aspetto ma penalizzata da troppa autoreferenzialità, in cui non ha nemmeno senso cercare significati reconditi (le dispute sui visti d’immigrazione dei messicani negli Stati Uniti erano un puro pretesto, già nel primo capitolo, solo per mettere in scena squartamenti e sbudellamenti). Inutile parlare di onore, eroismo e giustizia in un film intenzionalmente amorale che descrive un mondo in cui non esistono le virtù (anche il Presidente degli Stati Uniti, mandante della missione, è un perfetto idiota) e in cui, per questo, è consentita ai “buoni” ogni sorta di violenza.
Si tratta della stessa spiccia morale propinata, innumerevoli volte, nei film appartenenti al filone dei giustizieri solitari che qui, nelle intenzioni, dovrebbero essere presi in giro. Se però Rodriguez si aspetta che il pubblico si sbellichi dalle risate per i riferimenti, gli ammiccamenti e le citazioni, Machete Kills – cui si possono concedere i primi dieci minuti in cui regge il gioco – strappa più che altro continui sbadigli.
Inoltre qualcuno ci spieghi come mai Mel Gibson – esattamente come Jim Caviezel, protagonista del suo La Passione di Cristo – ormai nella Hollywood che conta sembra trovare solo ruoli da psicopatico.
Scegliere un film 2014
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