Simon, assistente di una casa d’aste, fa un patto con Frank, boss criminale, per rubare un quadro di Goya. Durante il colpo subisce un trauma cranico che gli causa amnesia, impedendogli di ricordare dove ha messo il bottino. Frank prova a fargli recuperare la memoria e chiede aiuto a Elisabeth, un’ipnoterapista. Ben presto ci accorgeremo che Elisabeth non è una persona qualunque…
Possiamo essere liberi se veniamo privati del nostro passato, dei nostri amori, dei nostri errori? Decisamente no, secondo questo film, interessante per l’altro interrogativo che si pongono i suoi autori: vogliamo davvero essere liberi? In altre parole: sappiamo davvero quello che vogliamo?
Il valore di quest’idea di fondo è innegabile, così come il pregio della regia e della fotografia. È per questo che, quando il film finisce, si ha qualche difficoltà a capire perché, considerate le premesse, esso ci abbia lasciati così insoddisfatti. Il cast è di tutto rispetto, la trama non fa una piega (o quasi). Il film ha insomma i crismi per essere un bel thriller psicologico: indizi, depistaggi, colpi di scena, ribaltamenti di fronte… Ma una volta che si viene a capo della storia e si ha il tempo di ragionarci a mente fredda, non si può che giungere a una conclusione: la trama sembra così ben oliata da non aver bisogno di personaggi reali che le diano vita. Lo spettatore non è spinto ad affezionarsi a nessuno dei tre protagonisti.
Il difetto fatale è che, per mantenere la tensione, la trama non può concedersi di svelare chi sia la vittima e chi il carnefice, se non all’ultimo momento. Anche la scena della rivelazione finale, però, non convince. Il finale è di grande effetto, ma lo spettatore si troverà ad assistervi come da dietro un vetro, senza mai sentirsi coinvolto nella scena.
In definitiva In Trance possiede un limite che lo accomuna a molti altri film dello stesse genere: è un thriller psicologico che in realtà ha davvero poco di psicologico. Pur trattando di sentimenti e dinamiche relazionali, il film non fa altro che grattare la superficie delle anime dei personaggi, per la necessità di tenere alta la suspence e di stare al passo con il ritmo della narrazione. Non è questa però la ragione principale. Gli autori, infatti, avrebbero molte belle occasioni per tuffarsi in profondità ma puntualmente mancano questi appuntamenti. Per questo viene da chiedersi appunto, se la cosa sia dovuta a un problema di gestione della narrazione o a un limite di ordine più profondo.
La risposta a questo dubbio ce la dà il film stesso in un dialogo tra Elisabeth (la psicoterapeuta) e Frank (il capo della banda criminale), posto proprio nel cuore del racconto. Parlando di Simon, Elisabeth ci svela la concezione dell’uomo che sta alla base della pellicola (e di molte altre). Quando, infatti, la donna chiede a Frank: “Che cos’è una persona?”, e si sente rispondere dall’uomo che non è quello il suo campo di attività, replica: “Quello che siamo è la somma di tutto quello che abbiamo detto, fatto e provato. Il tutto avvolto in un’unica trama che è costantemente rivista e ricordata. Quindi per essere te stesso devi costantemente ricordare te stesso. È un lavoro a tempo pieno, ma è così che funziona”.
Si riduce così l’uomo alla somma di tutto ciò che ha fatto, detto e provato, e si afferma che per essere noi stessi l’unica cosa che dobbiamo fare è costantemente sorvegliare le nostre esperienze passate, come ci suggerisce ormai da più di un secolo un certo tipo di psicologia spiccia e deteriore. Ciò che in verità rende tale l’uomo è un indomito legame con un mistero, un segreto infinito che lo asseta e lo riempie di nostalgia e che, a volte, gli viene incontro e lo illumina. Forse è più semplicemente questa la componente tralasciata da questo film; è questo il motivo per cui i quadri che Simon ama tanto restano sullo sfondo della storia, la grandezza di Goya si riduce all’aver dipinto peli su un sesso femminile, il triangolo di relazioni amorose fra i tre protagonisti si limita a essere verisimile, persino credibile, ma mai coinvolgente, e la visione di In Trance si chiude lasciandoci in bocca il sapore amaro, o meglio scipito, di una promessa non mantenuta.
Scegliere un film 2014