New York, 1943. Il giovane Allen Ginsberg all’università incontra e resta folgorato da Lucien Carr, un ragazzo originale alla ricerca di una rivoluzione letteraria, umana e morale. Attraverso di lui Allen si trova immerso nel mondo bohemien della letteratura d’avanguardia, frequentato anche da Jack Kerouac e William Burroughs. Decisi a rompere con le regole e la tradizione, i ragazzi del gruppo si mettono alla prova con un nuovo concetto di arte, letteratura e poesia. Ma un giorno Lucien, da cui anche Allen è attratto, uccide David Kammerer, un suo ex amante ancora ossessionato da lui, e per il giovane poeta della Beat Generation la creazione artistica diventa una questione di vita e di morte…
Giunto al Lido di Venezia accompagnato dall’isteria delle fan dell’ex Harry Potter Daniel Radcliffe (probabilmente saranno state un po’ scioccate a vedere il tenero maghetto impegnato a fare sesso con uno sconosciuto rimorchiato in un bar fumoso, oltre che a farsi delle droghe più fantasiose per trovare la vena artistica), il film d’esordio di Jonh Krokidas, un mix di didascalismo letterario e anacronistica provocazione (ahinoi a volte idiota oltre che futile), gioca la carta dello Shakespeare in love della beat Generation, condendola con un po’ di noir e momenti di invenzione letteraria a base di stupefacenti.
I protagonisti per il vero sembrano più spesso la caricatura survoltata dei giovanotti de L’attimo fuggente: nella pellicola, infatti, ci sono evidenti, per non dire pedestri, inviti a strappare pagine di libri simbolo della cultura tradizionale, alla faccia, si direbbe, del loro valore artistico, così come all’opposizione all’involucro formale cui il messaggio artistico classico poneva attenzione pari a quella dedicata al contenuto. Da cui le invettive contro la metrica, che rende solo più facile l’espressione… ditelo a chi prova a scrivere un sonetto! La misura del poco riuscito tentativo è data da un lato dalla scelta furbetta di un protagonista che più mainstream non si potrebbe (salvo che il materiale escluderà automaticamente dalle sale la maggior parte del suo pubblico di riferimento), così come dall’accumularsi di cliché sulla vita della bohéme controculturale (anche tenendo conto che in effetti Kerouac, Ginsberg e compagni sono all’origine di molti di questi cliché), dall’altro dalla necessità di accompagnare con indicazioni puntuali e pure un po’ ridicole un pubblico che evidentemente si presuppone di scarsa cultura storica e letteraria.
Solo per fare un esempio: le preferenze in campo sessuale di Ginsberg sono ormai note (anche da altri film sull’argomento, tra cui lo sperimentale L’urlo, passato un paio d’anni fa a Berlino e con James Franco protagonista) e allora perché il regista-sceneggiatore deve accumulare riferimenti a Rimbaud, arresti di coppie omosessuali nei locali (con tanto di cliente che mugugna “Pervertiti”!), schiere di marinai sorridenti e benpensanti ghignanti?
Qui la strada è simile a quella intrapresa, con risultati altrettanto imbarazzanti, da On the Road; anche lì il potenziale ostico di un romanzo che è probabilmente tra quelli più amati dai non-lettori era tamponato dalla presenza di bei giovanotti e dalla divetta di Twilight.
Tra gli interpreti, mentre se la cavano i comprimari, a partire da Dean DeHaan (al suo attivo Chronicle, film di supereroi adolescenti e cattivelli in stile Blair Witch Project) per continuare con il televisivo Michael C. Hall, Radcliffe resta una scelta di cast artisticamente discutibile e fastidiosamente ruffiana.
Il problema più grave, però, è forse che oggigiorno riempire con libri osceni le vetrine dove sono custodite le prime edizioni della Bibbia di Gutenberg e delle opere di Shakespeare sembra più una bravata da ubriachi che la manifestazione di una “nuova Visione”, mentre le altre spavalderie del gruppetto vanno a confondersi con le ormai migliaia di imitazioni fatte da epigoni di minor talento, poi di fatto metabolizzate e sfruttate da quella società dei consumi che in origine erano destinate a demolire. La controcultura, opportunamente evolutasi, è di fatto divenuta l’anima del mainstream, e nel mondo postmoderno, dove l’autoespressione è diventata la nuova norma, le poesie di Rimbaud fanno vendere profumi da uomo e i versi si confondono con le banalità pronunciate da un attore famoso per pubblicizzare una nota fragranza.
Il film prende una direzione più interessante quando si tinge di nero con l’omicidio, a opera di Lucien Carr (l’astuto manipolatore oggetto del desiderio di Ginsberg) di un ex amante infelice e troppo invadente e il relativo processo, che mette finalmente a nudo la natura dei rapporti interni al gruppo e scatena la diaspora. Ginsberg però nel frattempo ha scoperto il suo talento, e allora chi lo ferma più? Anche qui la risoluzione sceglie una via piuttosto prevedibile, con il nostro eroe che lascia l’università, ma pur sempre con l’onore delle armi reso dal professore fino a quel momento severissimo.
In un mondo in cui all’università i corsi di poesia classica (quella in metrica contro cui i nostri “giovani ribelli” si scagliano con tanto vigore) sono stati sostituiti da quelli sugli zombie, forse la Beat Generation avrebbe meritato un omaggio insieme più critico e più approfondito, mentre di sicuro la furbizia poco intelligente dell’operazione non si merita lo strappo di molti biglietti.
Scegliere un film 2014
Tag: Due Stelle, Romantico, Thriller