Bradley Cooper racconta la complessa e profonda storia d’amore durata una vita tra il leggendario direttore d’orchestra e compositore Leonard Bernstein e sua moglie, l’attrice Felicia Montealegre, in un biopic non completamente riuscito ma che, soprattutto se si ama la musica, può risultate molto coinvolgente.
Candidato a ben sette premi Oscar, Maestro è un film che esplora il suo protagonista, facendoci penetrare nella sua natura contraddittoria e sofferente, rivelandoci aspetti luminosi e oscuri della sua intimità. Per gli autori del film raccontare la vita di Bernstein significa, innanzitutto, narrare la lunga e tortuosa storia del suo matrimonio con Felicia, messo a dura prova dall’orientamento bisessuale del protagonista.
Bernstein è un uomo appassionato, energico, estremamente talentuoso, la musica gli scorre nelle vene, ama intensamente le persone (come dice lui) e la vita, ma si rivela anche un egocentrico, vittima di se stesso e dell’indecisione generale che lo contraddistingue. Quella sua natura divisa tra direttore e compositore si riflette su tutta la sua esistenza, generando un forte conflitto tra le sue tendenze omosessuali e l’amore autentico che prova per la moglie. Nel corso degli anni la tradisce ripetutamente con diversi uomini, ma Felicia resta lì… perché?
Felicia si rivela una donna di straordinaria pazienza, intelligenza e capace di un amore incondizionato, senza pretendere piena reciprocità. Fin dall’inizio è consapevole dell’omosessualità del marito, ma sa che il loro amore esiste, ha un significato, e Leonard la ama davvero, a modo suo. Non a caso il film si apre con un Leonard invecchiato che parla della moglie (morta a causa di un tumore anni prima) e si chiude su un primo piano di lei.
La storia di Bernstein artista viene raccontata attraverso la lente intima della sua relazione di coppia. Qui si privilegia il lato umano: da una parte un uomo diviso tra pulsioni e paure, desideroso di tutto, bulimico di vita e di emozioni e non disposto a rinunciare a nulla, tantomeno a perdere Felicia. Dall’altra, una donna che sceglie di amare un uomo fino in fondo, anche se questo implica dolore.
Il Cooper sceneggiatore e regista opta per seguire Bernstein soprattutto in queste dinamiche affettive e dà invece poco spazio alle sue caratteristiche specifiche di compositore e autore (lo vediamo però “in azione”, ma la musica qui è più occasione di espressione dei rapporti affettivi che non tematizzata in sé); Cooper amalgama bene le due prospettive in una sinfonia visiva e sonora, transitando, senza quasi che lo spettatore se ne accorga, dal bianco e nero della prima ora ai colori della seconda parte del film. Curioso che Cooper non sia stato candidato all’Oscar come miglior regista, perché diverse soluzioni di regia sono molto creative e molto riuscite.
È nel complesso un film stilisticamente elegante (il connubio tra realtà e musical della prima parte è spettacolare, per non parlare della scena centrale di scontro tra i due protagonisti con il carro di Snoopy sullo sfondo che esprime l’alto conflitto della scena in un’immagine), ma che soffre di un’ambiguità di fondo: sembra sostanzialmente troppo indulgente verso tutte le debolezze di questo Bernstein che appare vittima di un ego gigantesco, e – nonostante i ripetuti “I love you”– incapace di amare veramente, laddove amare qualcuno significa saper anche rinunciare a qualcos’altro (o a qualcun altro).
Di conseguenza, apprezzare e seguire questo film non è facile, poiché richiede uno sforzo che non era necessario per un film come A Star is Born; eppure, il talento e l’interpretazione di entrambi i protagonisti, come pure la colonna sonora (composta tutta da brani di Bernstein) danno un importante valore aggiunto all’esperienza della visione.
Elisa Ricci
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