Il tema è quello della fortuna ed è raccontato attraverso tre storie. Nella prima Luca e Paolo sono amici e colleghi, ma un segreto li divide. Se il primo, imbranato e timido, è incapace di dichiararsi alla barista che lavora di fronte all’ufficio, il secondo l’ha già conquistata e ci esce regolarmente. A complicare la vicenda l’insperata vincita alla lotteria con annessa disperata ricerca del tagliando smarrito. Il secondo episodio vede invece protagonista un imprenditore di successo nel settore del cachemire (chiaro il riferimento a Brunello Cucinelli) iper-superstizioso che per concludere un importante affare si deve servire di un traduttore di mongolo circondato da un’aura evidentemente negativa. Nell’ultimo capitolo invece Lillo, ex ballerino di fila della Carrà e padre di una famiglia numerosa, eredita un fratello con evidenti tic e manie. Un arrivo che sembra mettere in crisi il precario equilibrio famigliare, ma che si rivelerà provvidenziale.
Non si fa in tempo a celebrare la morte del Cinepanettone e a lodare il coraggio di intraprendere una nuova formula produttiva basata su personaggi più rotondi e curati, una commedia più di situazione che di parola (o parolaccia), senza il bisogno di ricorrere a gesti triviali e apotropaici, che ecco l’immediato e inatteso passo indietro. In Colpi di Fortuna, a differenza del precedente Colpi di Fulmine, gli episodi da due diventano tre e già questo costringe a semplificare le storie e a renderle più stereotipate. Ma quello che colpisce in negativo è soprattutto l’involuzione creativa, l’affidarsi a una sorta di “usato sicuro”. La vicenda dello smarrimento del biglietto vincente della lotteria è francamente abusata e non basta a risollevarla il riferimento a Una notte da Leoni – con una sbornia colossale a cancellare le assurde gesta della notte precedente e a complicare la caccia al tesoro. Usurato anche il modello superstizioso/iettatore a cui De Sica e Mandelli non aggiungono e non tolgono niente. Si salva solo l’episodio interpretato da Lillo e Greg che, come loro uso, mescolano generi e riferimenti rileggendo in chiave comica surreale lo stralunato personaggio di Edward mani di forbice o l’indimenticabile Rain Man interpretato da Dustin Hoffman. Da sottolineare poi il coraggio di mettere in scena una sana e normale famiglia numerosa, in cui ci si accontenta di quello che si ha e in cui al massimo si sogna di avere un’ultima possibilità di duettare con la Carrà.
In conclusione un film poco coraggioso, buono solo a piazzare una massiccia dose di product placement e a rimestare nel già noto.
Scegliere un film 2014
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