New York, anni Venti. La polacca Ewa Cybulski arriva a Ellis Island in cerca di fortuna con la sorella ma le due vengono separate: una tenuta in quarantena e l’altra lasciata andare. In cerca di aiuto, Ewa viene abbordata dall’imbonitore Bruno che prima si offre di assisterla e poi la conduce su una strada di umiliazione e sofferenza… Bruno è affascinato dalla sua vittima ma a fargli concorrenza ci si mette l’illusionista Orlando, suo cugino…
Per molti versi crudele, ma non privo di aperture (anche espressamente al trascendente), il melò firmato da James Gray (che aveva esplorato questo territorio anche nel precedente Two Lovers) segue l’itinerario di (forzata) perdizione della sua protagonista Ewa facendolo diventare il simbolo del tradimento di quel “sogno americano” per il quale Ewa ha attraversato l’oceano.
Fermata all’arrivo nella presunta Terra Promessa per le macchinazioni di un personaggio ambiguo, Ewa è mossa da quella “ricerca della felicità” che è scritta nella dichiarazione d’indipendenza americana, ma si scontra ben presto con le contraddizioni del Nuovo Mondo. A tenere in vita la donna, oltre a un tenace istinto di sopravvivenza, l’amore per la sorella malata che è rimasta bloccata a Ellis Island e per la quale Ewa accetta di degradarsi fino alla prostituzione.
L’affresco d’epoca restituisce il senso di una miseria umana in cui lo sfruttamento è la regola, un’epica del negativo in cui soprattutto le donne sembrano avere pochissime opzioni per sopravvivere oltre a vendere se stesse. Il sottobosco dell’intrattenimento per i poveri, che mescola cabaret, illusionismo e spogliarelli mascherati da esibizione artistica (qui Ewa, ironicamente, viene costretta ad esibirsi nei, pochi, panni della Statua della Libertà pronta ad accogliere poveri e diseredati), rende bene l’atmosfera di confusione morale in cui si muovono i protagonisti.
Bruno (interpretato con dolente inquietudine da Joaquin Phoenix) in parte imbonitore, in parte gestore di prostitute, lui stesso vittima di altri delinquenti, anche se ammantati dalla legge, non è un semplice “cattivo”, ma un personaggio contraddittorio, capace di gentilezza, ma preda dei suoi demoni e forse per questo ancora più pericoloso.
In questo universo oscuro (che la fotografia e la scenografia della pellicola rendono con maestria), tuttavia, c’è ancora spazio per la bellezza e la speranza, sia essa incarnata da un illusionista venuto a portare sollievo ai “prigionieri” dell’isola degli emigranti (Jeremy Renner, una sorta di imperfetto angelo custode, a fare da contraltare solare al demoniaco Phoenix), da una processione religiosa contemplata da lontano o infine dallo spazio di un confessionale dove si sente pronunciare la parola “perdono”.
Il film, un melò che pesca in atmosfere letterarie, ma non rinuncia a nessuno degli strumenti dell’arte cinematografica per agganciare lo spettatore, ha il suo pregio maggiore, più che nel ritmo della narrazione, nella definizione dei caratteri. Non solo la protagonista Ewa, una creatura che pur degradata continua a difendere la propria dignità e rifiuta di lasciarsi spezzare, ma soprattutto il suo “aguzzino”, un personaggio in fondo tragico, diviso tra un’impossibile aspirazione al bene e il male che lo opprime, che s’innamora di lei, ma che non la sa amare nel modo giusto.
E così la pellicola, pur senza risparmiare nulla dell’orrore attraverso cui Ewa è costretta a passare, si lascia aperta la strada per una pietas che investe anche i cattivi. “Io non sono niente” dichiara Ewa a chi la umilia, ma è proprio la certezza della sua dignità di persona e la sua fede, per quanto messa alla prova, che le permette di guardare l’altro superando l’odio.
Un viaggio che coinvolge e commuove fino a una dolorosa catarsi e che, nell’apparente distruzione di un sogno di fuga, riporta Ewa all’origine del suo sacrificio (la sorella), e permette finalmente anche al suo ex aguzzino di sperimentare davvero la possibilità della redenzione.
Scegliere un film 2014
Tag: 4 stelle, Drammatico, Thriller